Approvazione definitiva della CSRD: come impatta gli investitori?
Il 28 novembre 2022 il Consiglio europeo ha approvato in via definitiva la direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) per la disciplina del reporting di sostenibilità.
Il 28 novembre 2022 il Consiglio europeo ha approvato in via definitiva la direttiva CSRD (Corporate
Sustainability Reporting Directive) per la disciplina del reporting di sostenibilità che entrerà in vigore poco dopo la metà di dicembre, anche se gli Stati membri avranno 18 mesi a disposizione per recepire le nuove regole.
Proposta inizialmente nell’aprile 2021 dalla Commissione Europea, la CSRD si configura come uno
strumento chiave di finanza sostenibile europea a miglioramento dell’attuale direttiva NFRD (NonFinancial Reporting Directive) con il fine di stimolare ulteriormente i flussi di capitali privati verso attività sostenibili in Europa e definire anche le basi per standard di disclosure e trasparenza a livello globale.
Le grandi aziende europee (comprese banche ed assicurazioni e altre realtà ritenute strategiche)
continueranno a rendere disponibili al pubblico informazioni sul proprio stato di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, ma in misura rafforzata e più responsabile rispetto quanto fatto fino ad ora per rimediare alla superficialità della normativa preesistente. Infatti, la CSRD prevede requisiti di rendicontazione standardizzati in base alla dimensione dell’azienda per migliorare il livello di trasparenza, omogeneità e verificabilità delle informazioni rese pubbliche tra tutti i Paesi dell’UE.
Gli elementi oggetto di disclosure sono attualmente di taglio qualitativo e comprendono, ad esempio, gli obiettivi di sostenibilità prefissati e prospettici, l’indicazione del ruolo del management societario, le policy di sostenibilità adottate, l’esposizione a rischi di sostenibilità, l’allineamento delle proprie attività aziendali alla Tassonomia UE, etc…
L’obbligo di reporting di sostenibilità riguarderà quindi grandi imprese, quotate e non, con più di 250
dipendenti e i cui bilanci soddisfino i requisiti di totale attivo di almeno 20 milioni di euro e totale di
fatturato di 40 milioni di euro. Inoltre, anche le società non europee con un fatturato di 150 milioni di euro generato nell’UE e almeno una succursale in Europa saranno tenute a produrre un report di sostenibilità in linea a quanto richiesto alle società europee.
Dunque, da gennaio 2024 la direttiva sarà applicabile appieno a tutte le società che già rientravano nel
perimetro della NFRD (imprese con più di 500 dipendenti) con relativa produzione di reporting rafforzato nel 2025, mentre da gennaio 2025 si estenderà anche alle società prima escluse con reporting previsto nel 2026. Novità importante è anche l’estensione dell’obbligo di tale reportistica alle PMI quotate, ma a partire da gennaio 2028 e con reporting l’anno successivo. Dunque, con l’entrata in vigore della CSRD il perimetro di società interessate alla disclosure ESG passerà da circa 11.000 a circa 50.000. Spetterà poi alle società di audit verificare la conformità dei reporting di sostenibilità prodotti rispetto alle regole previste dalla direttiva.
L’obiettivo della direttiva è quello di permettere a tutti gli stakeholder coinvolti di comprendere quanto una società sia sostenibile, compresi in primis gli investitori. Secondo l’Osservatorio Assogestioni-Censis, l’80% degli investitori ad oggi teme le conseguenze dei cambiamenti climatici, evidenziando allo stesso tempo la poca chiarezza informativa esistente mentre, secondo AIPB, il 45% è convinto che la transizione sostenibile riguarderà in maniera impattante le imprese e i loro profitti e quindi indirettamente i propri investimenti. Il passaggio dalla NFRD alla CSRD consentirà dunque agli investitori di poter prendere decisioni più informate in termini di sostenibilità sulla base dell’operato e dei risultati ottenuti dalle realtà interessate, ponderando quindi consapevolmente la scelta delle società nelle quali investire o concedere credito.
Inoltre, a garanzia di tutti gli stakeholder, oltre alle società di audit, verificheranno la qualità delle
informazioni trasmesse anche l’Agenzia europea dell’ambiente e l’Agenzia dell’UE per i diritti
fondamentali. Spicca dunque tra le finalità ultime della CSRD anche la riduzione significativa del
fenomeno del greenwashing, rimediando ad una reportistica in alcuni casi carente, vaga o non coerente alle pratiche realmente adottate.
Inoltre, grazie alla CSRD, si prospetta una crescita di interesse degli investitori verso le PMI europee, visti gli obblighi di trasparenza richiesti in ambito ESG seppur più semplificati rispetto alle grandi imprese. Su un campione di PMI intervistate dal Forum sulla Finanza Sostenibile in occasione delle Settimane SRI dello scorso novembre, è emerso che quasi il 50% di esse ritiene che gli sviluppi normativi siano fondamentali per incentivare le politiche di sostenibilità delle stesse sia nel breve che nel lungo termine. Tuttavia, lo scorso anno tra tutte le società italiane quotate analizzate da Deloitte, solo il 6% teneva conto del fattore “cambiamenti climatici” nella propria strategia di gestione, individuandone contestualmente rischi e opportunità.
Ne emerge quindi che l’adeguamento alla nuova normativa richiederà degli sforzi importanti per le società coinvolte, sia grandi che medio-piccole, a livello di competenze interne, proattività e raccolta ed
elaborazione di dati non finanziari.