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I FONDI SECONDO IL REGOLAMENTO SFDR: TRA SVILUPPI NORMATIVI E ALLARME DOWNGRADE

Lo studio propone una panoramica sullo stato dei fondi secondo il Regolamento SFDR. Oltre a fornire un quadro sul mercato nel 2022, si approfondiscono i temi di adeguamento normativo in termini di disclosure e del conseguente declassamento dei fondi art.9.

 

Classificazione dei fondi secondo il Regolamento SFDR

L’obiettivo del Regolamento UE 2019/2088 (noto anche come Regolamento SFDR), entrato in vigore nel marzo 2021, è quello di incoraggiare il flusso di capitali verso un’economia più sostenibile, favorendo la standardizzazione della disclosure informativa sulla gestione dei fattori ESG, sia a livello generale che di prodotto, da parte dei soggetti che svolgono attività gestoria in ambito finanziario, assicurativo e previdenziale e dei soggetti che prestano consulenza in materia di investimenti. Infatti, una migliore trasparenza informativa riduce sensibilmente le pratiche di greenwashing e permette agli investitori di assumere decisioni più oculate e coerenti ai propri valori e obiettivi.

Con specifico riferimento ai prodotti di investimento europei, la normativa SFDR prevede una classificazione degli stessi secondo quanto previsto dagli artt. 6, 8 e 9:

  • Prodotti art. 6: possono integrare i fattori ESG e i rischi di sostenibilità nel processo di investimento o dichiarano esplicitamente perché non li ritengono rilevanti. Sotto questa definizione rientrano tipicamente tutti quei prodotti non in linea ai requisiti richiesti dai successivi articoli 8 e 9.
  • Prodotti art. 8: promuovono caratteristiche ambientali e/o sociali e rispettano prassi di buona governance. I prodotti allineati a questo articolo devono necessariamente integrare anche i rischi di sostenibilità.
  • Prodotti art. 9: perseguono un obiettivo di investimento sostenibile. Questi fondi devono dimostrare alcuni requisiti: piena integrazione dei fattori ESG e dei rischi di sostenibilità, generazione di un impatto positivo misurabile, attività di engagement delle società di asset management.

 

Stato dei fondi di investimento post SFDR

Secondo un’analisi di Morningstar, già alla fine del 2021 (anno in cui è entrato in vigore il Regolamento), in Europa è cresciuto sensibilmente il numero complessivo di prodotti sostenibili “compliant” alla SFDR sul mercato. Il totale di masse gestite dei prodotti art. 8 e 9 ha dunque raggiunto una quota del 42,4% dell’universo dei fondi europei, di cui 37,70% di fondi art. 8 e 4,70 di fondi art.9. Rimaneva tuttavia prevalente la fetta di fondi art.6 con una quota del 57,50%.

 

2022: un anno complesso anche per la sostenibilità

Il 2022 è stato un anno eccezionalmente difficile, caratterizzato da un contesto macroeconomico complesso tra spinte inflazionistiche, rallentamento economico e tensioni geopolitiche legate allo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina. Sul fronte degli investimenti sostenibili, la conseguente volatilità sui mercati ha comportato, solo nel primo trimestre dell’anno, un calo dei flussi globali verso l’ESG di circa il 35% rispetto gli ultimi mesi del 2021; tuttavia la riduzione della raccolta è stata complessivamente più contenuta rispetto quella dell’industria del risparmio gestito. Nei primi tre trimestri dell’anno i fondi art. 8 hanno registrato deflussi importanti da parte degli investitori, a vantaggio dei prodotti art.9 maggiormente apprezzati dal mercato. Infatti, il loro tasso di crescita organica (che misura la crescita dei flussi rispetto al totale degli asset) è stato il più alto dall'introduzione della SFDR, mentre quello dei fondi art.6 e art.8 si è attestato in territorio negativo. 

Nella prima parte dell’anno, gli asset manager hanno continuato l’upgrade dei fondi da art.6 ad art.8, implementando l’integrazione dei fattori ESG nelle proprie politiche di investimento, così come è aumentato il numero di nuovi fondi lanciati sul mercato in termini di asset class, mercati, stili di investimento e tematiche. Nonostante i deflussi netti e il clima di incertezza sui mercati finanziari, sino alla fine del terzo trimestre del 2022 il patrimonio di questi fondi è aumentato di circa il 3%, registrando un incremento della quota di mercato sia dei fondi classificati art. 9 (attestandosi al 5,2% totale) e art.8 (48,3% totale).

 

Normativa europea in evoluzione: cosa ha comportato?

Nel frattempo, nel secondo semestre dell’anno, gli asset manager hanno iniziato a prepararsi per l’implementazione dei Regulatory Technical Standard (RTS) previsti dalla SFDR ed entrati poi in vigore a gennaio 2023, i quali prevedono un maggior livello di disclosure informativa relativamente ai prodotti ESG in termini di strategie adottate, gestione dei rischi e impatti generati. I Regulatory Technical Standard sono stati elaborati da EBA, ESMA ed EIOPA e presentano obblighi di disclosure su: indicatori di sostenibilità e principali effetti negativi, così come informazioni per la promozione delle caratteristiche ESG e degli obiettivi di investimento nella documentazione precontrattuale e periodica, quali ad esempio le quote di investimenti sostenibili o allineate al Regolamento Tassonomia.

 Il Regolamento UE 2020/852 sulla Tassonomia mira alla classificazione degli investimenti sostenibili sotto il profilo ambientale, al fine di omogenizzare le logiche sottostanti alle attività economiche ecosostenibili e incentivare gli investimenti privati. La cosiddetta “Tassonomia Green” è parte del progetto della Tassonomia Europea, i cui profili sociali e di governance sono ancora oggetto di consultazioni.

La Tassonomia Green individua sei obiettivi di investimento a carattere ambientale:

1) mitigazione dei cambiamenti climatici, 2) adattamento ai cambiamenti climatici, 3) uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine, 4) transizione verso l’economia circolare, 5) prevenzione e controllo dell’inquinamento, 6) protezione della biodiversità e della salute degli ecosistemi. Il Regolamento richiede di contribuire positivamente ad almeno uno degli obiettivi elencati, senza produrre impatti negativi su nessun altro obiettivo (clausola “do not significant harm”)

Alla luce di questo Regolamento, i fondi art. 8 si configurano come strumenti che non si prefiggono ex ante di raggiungere un preciso obiettivo sostenibile della Tassonomia, anche se possono comunque avere un impatto notevole dal punto di vista ambientale; al contrario, i fondi art. 9 si distinguono proprio perché si prefiggono ex ante di raggiungere uno o più obiettivi di investimento sostenibile rispettando il principio di “non arrecare danno significativo” a nessun obiettivo sostenibile.

 Per aiutare il settore finanziario a rispondere ai cambiamenti e agli obblighi di rendicontazione di sostenibilità introdotti con gli RTS, con la Tassonomia e con gli atti delegati che integrano la MiFID II (da agosto 2022 la MiFID II richiede l’integrazione delle preferenze di sostenibilità in sede di valutazione di adeguatezza del cliente), è stato rilasciato da FinDatEx una prima versione dell’European ESG Template (EET), ossia un modello tecnico standardizzato di scambio di dati tra produttori e distributori di prodotto in linea con i requisiti normativi di trasparenza richiesti, in vista soprattutto dell’implementazione degli RTS a gennaio 2023.

Secondo una ricerca condotta da Morningstar sulla base degli EET raccolti verso fine 2022, è emerso che la maggior parte dei fondi dichiarati art.8 e art. 9 considerano i Principali Effetti Avversi - PAI (indicatori che misurano gli impatti negativi che determinate scelte di investimento possono avere sui fattori ESG) ma solo circa la metà di essi mostrano una percentuale minima di investimenti sostenibili. Inoltre, solo 1/3 rivela un allineamento alla Tassonomia e, tra quest’ultimi, solo un mero 2% di fondi art. 9 presenta un’esposizione agli investimenti sostenibili maggiore del 10%.

Un altro aspetto emerso da questo studio è l’eterogeneità di interpretazioni della SFDR e della Tassonomia UE da parte degli asset manager, rendendo complicato il confronto diretto tra i prodotti per via di approcci differenti impiegati nel calcolo dell’esposizione agli investimenti sostenibili. Anche secondo l’ESG Barometer di Mainstreet Partners, i fondi classificati come art.9 non sono ancora in grado di garantire un adeguato profilo di sostenibilità, in quanto quasi il 90% dei fondi esaminati non presenta o non dichiara obiettivi di carattere ambientale.

 

Le conseguenze: downgrade dei fondi art. 9

Alla luce degli sviluppi del quadro normativo e per conseguente mancanza di chiarezza, diversi gestori patrimoniali già a fine 2022 hanno iniziato a rivedere la classificazione dei propri fondi, declassando parte dei prodotti art. 8 e in misura più consistente quelli art. 9. L’ultimo trimestre del 2022 si è dunque chiuso con il downgrade di poco più di 300 fondi da art.9 ad art.8, ancor prima dell’entrata in vigore degli RTS. In termini di asset, si tratta di circa 175 miliardi di euro, ossia il 40% del patrimonio dei fondi articolo 9.

Nonostante la prima ondata di declassamenti, il patrimonio dei fondi “sostenibili” è aumentato del 7,3% nel quarto trimestre del 2022 con un complessivo di 4,6 trilioni di euro alla fine di dicembre, trainato principalmente da nuovi prodotti sul mercato e dalla conversione di comparti art.6 e 9 in art.8. La componente di asset nei fondi art.8 è dunque cresciuta sensibilmente rispetto al trimestre precedente, mentre il numero di asset nei fondi art. 9 è sceso al 3,3%, dato più basso registrato dall’entrata in vigore della SFDR.

 

Secondo il Securities Market and Stakeholder Group dell’ESMA, i fondi etichettati come art. 9 dovrebbero seguire strategie di impact investing, del tipo Paris-Aligned o Climate Transition, “accompagnate da azioni di impegno misurabili o da obiettivi di impatto verso una transizione verde”. Tuttavia, il gruppo consultivo si è espresso chiedendo all’ESMA stessa di chiarire meglio la terminologia usata nella normativa (es. ESG, investimento sostenibile, impact investing…) per contenere i fenomeni di downgrade a cui stiamo assistendo e limitare anche il fenomeno del greenwashing.

 

 

 

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