Aggiornamento Mercati al 6 Luglio 2022
Tempi per menti razionali e cuori coraggiosi
Inizio terzo trimestre all'insegna della moderazione dei rendimenti governativi
Si è concluso un semestre eccezionalmente difficile per gli investitori, con una flessione generalizzata delle maggiori classi di attivo che per dimensione e rapidità ha pochi precedenti storici. L’azionario ha registrato una flessione da inizio anno prossima a 20% nella media globale, estesa a tutte le aree geografiche e settori ad eccezione dell’energia ma relativamente più accentuata per la tecnologia ed i comparti più esposti al rialzo dei tassi reali e alle prospettive di rallentamento ciclico. Nei mercati obbligazionari, la flessione nei paesi avanzati varia tra 10% e 14% in tutti i comparti governativi e del credito.
Se la risalita dei rendimenti governativi è stata certamente il fattore determinante della descritta correzione dei mercati finanziari, il terzo trimestre è invece iniziato all’insegna della moderazione dei rendimenti governativi alle diverse scadenze. Il rendimento sul Treasury decennale, che dopo la riunione della Fed di giugno aveva sfiorato il 3.5%, è sceso progressivamente nelle ultime settimane a livelli prossimi a 2.80%. Il movimento è stato analogo per i rendimenti sul Bund tedesco, che dopo essersi mossi in un range tra 1.60% e 1.80% nel mese di giugno, sono scesi a livelli prossimi a 1.20%. Il movimento si è accompagnato ad un calo delle aspettative d’inflazione a medio termine (scese a 2.3% per la breakeven incorporata nei Treasury indicizzati e a circa 2.6% nell’area euro) e ad un brusco calo del prezzo del petrolio (il prezzo del Brent quotato nel mercato europeo è sceso poco sopra $100/barile, dopo essere salito le scorse settimane a $120/barile date le ridotte forniture dalla Russia). Segnaliamo infine la rinnovata debolezza dell’euro rispetto a dollaro.
L'attenzione degli investitori si sposta sul calo di crescita in risposta al rapido irrigidimento delle condizioni finanziarie
Dopo una prima metà dell’anno dominata dal cambio di regime monetario, l’attenzione degli investitori si è spostata sull’impatto che condizioni di liquidità sempre meno generose avranno sulla crescita nelle maggiori economie, già messe alla prova dallo shock energetico e dai rischi geopolitici.
Nei mesi scorsi i mercati finanziari hanno risposto ai segnali restrittivi delle banche centrali con una rapidità che appare eccezionale non solo considerando la fase ancora iniziale del ciclo di rialzi, ma anche confrontando il movimento attuale con l’esperienza storica di precedenti cicli restrittivi. Se si considera il rialzo cumulato dei rendimenti decennali (a partire da sei mesi prima del primo rialzo del tasso sui Fed Funds e fino a nove mesi dopo), si evidenzia come l’aumento realizzato nella prima metà del 2022 abbia già superato per intensità e rapidità quello registrato nella fase paragonabile dei cicli restrittivi avviati dalla Fed rispettivamente a febbraio 1994, giugno 2004 e dicembre 2016. Le conclusioni sono del tutto analoghe se si considerano nel loro complesso le “condizioni finanziarie” che includono i differenziali di credito, i tassi sui mutui e i mercati azionari. Resta tuttavia incerto se—anche in questo caso diversamente dal passato—l’economia reale reagirà con la stessa rapidità.
Anche il calo della fiducia delle imprese e dei consumatori segnala rallentamento della crescita con rischi recessivi
Si prospetta dunque un netto rallentamento della crescita a tassi ampiamente inferiori a trend nelle maggiori economie avanzate. Non si può escludere una fase recessiva, presumibilmente contenuta data la resilienza del settore privato, dato anche il persistere di rischi geopolitici con impatto maggiore nell’area dell’euro. Nel valutare i rischi recessivi assume particolare importanza la fiducia di consumatori e imprese, che guida le decisioni di spesa in consumi, investimenti e occupazione. I segnali su questo fronte sono contrastanti, e decisamente più sfavorevoli per le prospettive di consumo.
Nonostante il buon andamento dell’occupazione in USA e area euro (il tasso di disoccupazione resta prossimo a minimi storici), la fiducia dei consumatori è crollata a livelli prossimi a quelli registrati durante la pandemia nel 2020: pesa soprattutto l’aumento dell’inflazione, esacerbato in area euro dal protrarsi del conflitto russo-ucraino. La fiducia delle imprese è stata finora più resiliente, e gli indicatori anticipatori (indici PMI) di manifatturiero e servizi sono rimasti saldamente in territorio espansivo. In negativo tuttavia, le componenti anticipatrici di alcune survey (ordinativi registrati dall’indagine ISM manifatturiera) sono scese sotto 50, prefigurando un ulteriore calo di attività.
Focus: mercato del lavoro, inflazione e utili
In attesa delle riunioni delle maggiori banche centrali nella seconda metà di luglio (rispettivamente 22/07 per la BCE con primo rialzo dei tassi ufficiali di 25 p.b. e 26/07 per la Fed con probabile nuovo rialzo del tasso sui Fed Funds di 75 p.b.), nelle prossime due settimane l’attenzione degli investitori sarà soprattutto rivolta ai dati statunitensi per il mese di giugno relativi al mercato del lavoro (che dovrebbe mostrare un rallentamento nella crescita degli occupati) e all’inflazione (che dovrebbe dare segnali di picco benché a livelli ancora elevati).