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Aggiornamento Mercati al 27 Gennaio

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Nei mercati finanziari è proseguita la volatilità d’inizio anno. La revisione delle aspettative di politica monetaria ha spinto ulteriormente al rialzo i rendimenti governativi, fino ad un massimo di 1.90% per il Treasury decennale, con una stabilizzazione in area 1.80% negli ultimi giorni.

In un contesto di stabilizzazione delle aspettative d’inflazione a medio termine, il rialzo 

è stato guidato dalla componente reale dei rendimenti, che resta ampiamente negativa  nei maggiori mercati avanzati. La curva dei rendimenti ha progressivamente scontato oltre quattro rialzi dei tassi ufficiali USA entro il 2022, uno scenario condivisibile con moderati rischi al rialzo.

Gli investitori si interrogano dunque sulla resilienza dell’espansione globale al cambio di regime monetario, segnalato con forza crescente dalla Federal Reserve e che contrasta nettamente con i tre anni trascorsi, caratterizzati stabilmente da espansione monetaria via tassi e bilancio.

Nelle ultime due settimane l’azionario ha registrato una flessione prossima a 7% nella media globale, molto meno accentuato in area euro e nella media emergente rispetto agli Stati Uniti (dati al 26/01). In termini settoriali il calo è stato mediamente più marcato per la tecnologia (dove le valutazioni restano storicamente  elevate) e i consumi discrezionali, rispetto ai finanziari. La risalita dei rendimenti governativi ha favorito la sovra-performance dello stile value rispetto al growth. Il comparto energetico registra l’andamento migliore da inizio anno, complice il rialzo del prezzo del petrolio (oltre USD 90/barile per il Brent europeo). Le rinnovate tensioni sui prezzi delle materie prime riflettono squilibri tra domanda e offerta (l’impatto della variante pandemica sulla domanda mondiale è stato inferiore alle attese) e rischi geopolitici quali l’aggravarsi della crisi ucraina.

Fed più aggressiva ma non più “dietro la curva”

La riunione della Federal Reserve si è conclusa segnalando con chiarezza l’avvio di un ciclo restrittivo che inizierà quasi certamente in marzo. La banca centrale ha espresso un voto di fiducia sul proseguimento dell’espansione USA (superato il freno di Omicron), ma ha  anche rafforzato la propria determinazione a contrastare il rialzo dell’inflazione: perché essa ritorni a livelli stabilmente inferiori a quelli attuali non saranno sufficienti il (previsto) minor impulso fiscale e l’attenuazione dei colli di bottiglia, ma saranno anche necessarie condizioni finanziarie meno espansive di quelle attuali. La Fed non ha escluso la possibilità che il ritmo di rialzo possa essere più rapido di quanto finora scontato dal mercato: “ Sappiamo che l’economia è in condizioni molto diverse rispetto a quando iniziò il ciclo restrittivo nel 2015. Nello specifico, la crescita è molto più forte, il mercato del lavoro molto più robusto, e l’inflazione è ampiamente superiore al nostro target del 2%. Queste differenze avranno .., importanti implicazioni sul ritmo di rimozione dello stimolo”. .

Mercato azionario elabora nuove prospettive tassi

I rendimenti obbligazionari a lungo termine dovrebbero stabilizzare nel breve periodo, dato il movimento già realizzato e la maggior fiducia nella capacità della banca centrale di stabilizzare l’inflazione in corso d’anno. La volatilità dei mercati azionari potrebbe invece proseguire nel breve: il mercato e le valutazioni devono ritrovare un nuovo equilibrio che incorpori le nuove prospettive di politica monetaria e che consolidi la fiducia nella capacità delle banche centrali di stabilizzare l’inflazione. Riteniamo dunque prematuro considerare la flessione come un’opportunità d’acquisto. Manteniamo un’allocazione azionaria neutrale nei portafogli con ampia diversificazione settoriale, che include comparti che beneficiano del contesto descritto (stile value, finanziari, energetici)  e settori difensivi.

Scenario centrale: un’espansione resiliente con rischi

Il nostro scenario centrale resta moderatamente costruttivo sul fronte macroeconomico. Certamente, si prospetta un inizio anno debole all’insegna della pandemia e del calo dei consumi: in gennaio gli indicatori anticipatori (indici PMI ) sono scesi sensibilmente (specie nei servizi e in USA). La crescita del PIL globale dovrebbe tuttavia recuperare dal secondo trimestre, benché a ritmi meno eccezionali del 2021, data la minor spinta dalle riaperture e il minor stimolo monetario e fiscale. Quest’ultimo fattore dovrebbe favorire il graduale rientro dell’inflazione dai livelli ancora elevati di inizio 2022, in maniera più accentuata nella seconda metà dell’anno.

I rischi principali a questo scenario vengono da errori di politica economica e da fattori geopolitici. Nei paragrafi successivi approfondiamo il recente deterioramento della crisi ucraina. Un’ulteriore escalation delle tensioni Russia-USA avrebbe ripercussioni negative sulla crescita mondiale, e più incerte sui trend inflazionistici: al previsto irrigidimento delle condizioni finanziarie si aggiungerebbero pressioni sul prezzo del petrolio.

Crisi ucraina: aggiornamento e possibili sviluppi        

Il contrasto tra Russia e paesi NATO sull’Ucraina si è rapidamente accentuato, con il dispiegamento dell’esercito russo lungo il confine, l’evacuazione delle ambasciate locali e l’avvio della dislocazione di forze USA e NATO che potrebbero raggiungere il territorio. Cresce quindi il rischio di invasione militare da parte russa, anche se al momento permangono vie d’uscita diplomatiche, come evidenzia l’intensificarsi dei colloqui tra le part.  Il Presidente Biden ha affermato che un’eventuale invasione rappresenterebbe “..l’evento con maggiori conseguenze in termini di guerra e pace  nella storia del dopoguerra mondiale”, segnalando anche da parte USA un’accelerazione nella volontà di risposta.

La strategia espansionista riflette la volontà russa di ristabilire la propria influenza nell’area. Putin ha avanzato alla NATO una serie di richieste difficilmente accettabili, quali un impegno ufficiale a non includere l’Ucraina nell’alleanza atlantica e a interrompere qualsiasi ulteriore espansione ad est. Va osservato che la probabilità che l’Ucraina sia accettata nella NATO nei prossimi dieci anni è estremamente bassa. In caso di invasione armata, l’America e gli alleati risponderebbero introducendo sanzioni dichiaratamente più severe rispetto al 2014, post invasione Crimea, innescando una profonda rottura nella relazione Russia– USA che coinvolgerebbe l’Europa.

Individuare le sanzioni possibili, il loro impatto e la cooperazione degli altri paesi alleati è molto complesso. Secondo alcuni commentatori gli interventi potrebbero includere sanzioni dirette agli oligarchi specie nel settore energetico, sanzioni concernenti il gasdotto “Nordstream 2” (che collega Russia e Germania ma non è ancora attivo per fattori politico-ambientali), divieti di acquisto di titoli governativi russi da parte di investitori americani e/o europei, e divieto di conversione del rublo in “hard currencies”. Data la rapida escalation e la pericolosità di un’azione militare russa, l’Amministrazione Biden sarebbe disposta ad adottare sanzioni normalmente non prese in considerazione anche in episodi di crisi per la rilevanza dei loro effetti collaterali sui mercati globali e sulla popolazione russa. L’economia russa ha peraltro mostrato una crescente capacità di adattamento a restrizioni sanzionatorie, ad esempio nel sistema dei mezzi di pagamento. Inoltre l’efficacia delle sanzioni dipende dalla cooperazione multilaterale dei paesi coinvolti, anche se l’Amministrazione USA ha la facoltà di introdurle su base unilaterale.

Italia: dalle presidenziali un passaggio delicato

Concludiamo con uno sguardo all’Italia, dove l’elezione del Presidente della Repubblica rappresenta un passaggio delicato. Il premio per il rischio Italia è già salito dallo scorso ottobre: dopo essere rimasto mediamente prossimo a 100 p.b. tra febbraio e settembre dello scorso anno, il differenziale a 10 anni tra BTP e Bund è aumentato progressivamente a circa 140 p.b. Oltre alla maggiore incertezza politica, questo riflette altri fattori, quali la prospettiva di rallentamento degli acquisti della BCE e in generale i venti di normalizzazione sui tassi europei.

Per la leadership politica italiana si prospetta un 2022 fondamentale su due fronti: l’implementazione del Recovery and Resilience Plan (circa 50 mld di spesa da allocare e progresso nelle riforme concordate) e l’avvio coi partner europei della rinegoziazione del Patto di Stabilità. Il successo nell’utilizzo dei fondi di Next Generation EU è fondamentale perché l’Italia partecipi con autorevolezza alla rinegoziazione delle regole fiscali, dato il livello eccezionale raggiunto dal nostro debito pubblico (153% del PIL) e in prospettiva la creazione di uno spazio fiscale condiviso.  

Lo scenario più favorevole prevede il proseguimento della volontà riformatrice dell’attuale maggioranza politica anche nel nuovo assetto politico e presumibilmente con un ruolo ancora determinante per Mario Draghi di garanzia istituzionale e rispetto degli impegni europei. Questo potrebbe realizzarsi sia con la permanenza di Draghi a capo del governo (e un Presidente di alto profilo istituzionale), sia con il passaggio dello stesso Draghi al Quirinale, in questo caso tuttavia con un accordo di massima tra i partiti per sostenere un nuovo Premier e un nuovo programma in continuità con quello attuale. In questo scenario lo spread BTP-Bund rientrerebbe dai livelli attuali ma resterebbe probabilmente superiore ai 100 p.b.

Un secondo scenario, meno favorevole, prevede  invece maggior polarizzazione tra le forze politiche e negoziazioni più complesse prima di arrivare all’elezione del Presidente o alla formazione di un nuovo governo, più incerto di quello attuale per composizione, perimetro parlamentare, coesione e durata. Questo comporterebbe ritardi nei piani fiscale e di riforma, o addirittura ad una loro interruzione nel caso (al momento improbabile) di elezioni anticipate nel  secondo trimestre. La volatilità sui nostri titoli di stato in questo caso aumenterebbe sensibilmente, anche in assenza di elezioni, in funzione del grado di coesione e potenziale durata attribuibile al nuovo governo. In qualsiasi scenario, le previsioni sullo spread sono complicate anche dall’evoluzione della politica monetaria europea.

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