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Aggiornamento Mercati al 20 Maggio

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Ancora correzioni e volatilità; nel mese di maggio è proseguita la fase di volatilità e correzione che da numerose settimane sta interessando le classi di attivo rischiose

E’ stato penalizzato soprattutto l’azionario statunitense, poiché il brusco irrigidimento delle condizioni finanziarie provoca una continua revisione al ribasso delle stime di crescita economica; a livello microeconomico pesano soprattutto le future pressioni sui margini di profitto aziendali (oggi a massimi storici) dati gli elevati costi e il previsto rallentamento della domanda che limita la capacità delle imprese di trasferire ai prezzi al consumo tali aumenti di costo. Dopo la protratta revisione al rialzo delle aspettative di politica monetaria, l’attenzione degli investitori si sta spostando al conseguente impatto negativo sulla crescita economica, con una stabilizzazione dei rendimenti.

La fotografia da inizio anno è ampiamente negativa, con un calo dell’azionario prossimo a 17% nella media globale e una flessione dell’obbligazionario tra 9% e 10% in tutti i comparti governativi e del credito. In termini settoriali spicca la sotto-performance dei consumi discrezionali e soprattutto della tecnologia, specchio del rialzo dei rendimenti reali e del ridimensionamento delle valutazioni.

I mercati scontano un cambio di regime

L’andamento dei mercati certifica il cambiamento di regime che caratterizza il 2022 rispetto agli anni precedenti. L’elevata inflazione e gli squilibri tra domanda e offerta—eredità della pandemia e dell’eccezionale stimolo fiscale e monetario che ne ha consentito il superamento—uniti al recente shock energetico aumentano l’urgenza di rimuovere lo stimolo monetario, nonostante i rischi crescenti per le crescita globale.

Le banche centrali nei paesi avanzati (ex-Giappone) hanno comunicato una crescente determinazione a contrastare le tensioni inflattive e a stabilizzare le aspettative d’inflazione. Nell’area dell’euro, nonostante le ricadute recessive del conflitto russo-ucraino, diversi esponenti BCE hanno segnalato come i trend inflattivi correnti e previsti non giustifichino più il mantenimento dell’eccezionale stimolo in atto. Negli Stati Uniti, il Presidente Powell ha riconosciuto gli errori di valutazione e i ritardi iniziali della Fed nel contrastare il rialzo dell’inflazione, e ha reagito con segnali di determinazione che potrebbero definirsi come la volontà di fare “whatever it takes” per riportare l’inflazione verso target. Nelle parole di Powell “...La Fed non esiterà a portare i tassi ufficiali in territorio restrittivo se necessario...Il tasso neutrale non è un punto di arrivo a cui guardarsi intorno… La Fed fronteggia un importante sforzo di raffreddamento della domanda ..La strada verso il soft landing potrebbe avere degli ostacoli...Per ristabilire la stabilità dei prezzi potrebbe rendersi necessaria qualche sofferenza (pain)”. Se la strada verso il soft landing dell’economia USA era sempre apparsa stretta, la Fed sembra finalmente riconoscere il rischio di un pronunciato rallentamento dell’economia statunitense in risposta alla necessaria restrizione monetaria.

Un test di resilienza per l’espansione globale

L’espansione mondiale attraversa un importante test di resilienza dati i molteplici shock a cui è sottoposta. Alla compressione del potere d’acquisto per l’elevata inflazione si sono aggiunti lo shock energetico e di fiducia post-guerra ucraina, il rallentamento della Cina data l’inefficiente gestione della pandemia, e soprattutto il citato irrigidimento delle condizioni finanziarie globali. Rispetto allo scorso gennaio, le stime di crescita 2022 dei principali previsori sono state ridotte di circa 2 punti percentuali, a fronte di revisioni al rialzo delle stime d’inflazione. I recenti indicatori ciclici evidenziano un calo dell’attività manifatturiera europea in marzo, destinato ad accentuarsi nel secondo trimestre. La congiuntura globale è rimasta tuttavia finora resiliente alle spinte recessive.

Il nostro scenario centrale incorpora una stabilizzazione e moderato recupero del ciclo globale nella seconda metà del 2022, e non un ulteriore calo a ritmi recessivi. Questa previsione riflette il previsto graduale rallentamento dell’inflazione, la robusta crescita occupazionale nei paesi avanzati e la disponibilità delle famiglie ad utilizzare parte degli extra-risparmi accumulati durante la pandemia (stimati a circa $900 mld in area euro e $2700 mld negli USA, oltre 12% del reddito disponibile nel 2019). I dati recenti sulle vendite al dettaglio USA in aprile sono incoraggianti e consistenti con una crescita dei consumi tra 2% e 3% (annualizzato) nel secondo trimestre.

Il nostro scenario centrale inoltre sconta due sviluppi favorevoli, quali una stabilizzazione del prezzo delle materie prime a livelli prossimi a quelli attuali, ed una graduale riapertura dell’economia cinese nella seconda metà dell’anno. In generale, il passaggio da una fase pandemica ad una endemica del Covid-19 dovrebbe normalizzare l’attività economica mondiale alleviando le pressioni sulle filiere produttive.

Occorre tuttavia riconoscere che i rischi a tale scenario sono aumentati, in parte in conseguenza della risposta dei mercati ai segnali restrittivi delle banche centrali.

I canali di irrigidimento delle condizioni finanziarie sono molteplici. Negli Stati Uniti in particolare, l’apprezzamento del dollaro nei confronti dei maggiori partner commerciali (pari mediamente a 10% negli ultimi 12 mesi) è destinato a frenare la competitività delle esportazioni. Inoltre il calo della (pur elevata) ricchezza finanziaria da inizio anno potrebbe moderare i consumi (tramite il cosiddetto “effetto ricchezza”), l’incremento (di circa 2 punti percentuali dallo scorso autunno) dei tassi sui mutui a 30 anni è destinato a moderare la domanda di case (anch’essa molto elevata).

In prospettiva, è probabile che l’attenzione degli investitori si sposti sull’evoluzione della crescita economica, senza un’ulteriore revisione al rialzo delle stime sui tassi ufficiali. Questo potrebbe stabilizzare i rendimenti, specie in presenza di segnali ulteriori di picco dell’inflazione. Le classi di attivo rischiose potrebbero tuttavia restare vulnerabili a sorprese negative dalla crescita economica.

 

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