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Aggiornamento Mercati al 9 Maggio

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Nelle ultime due settimane è proseguita nei mercati finanziari l’elevata volatilità del mese di aprile.

I mercati azionari, rimasti fino a fine marzo relativamente resilienti allo scoppio della guerra russo-ucraina, hanno corretto sensibilmente specie negli Stati Uniti e nel comparto tecnologico, portando la flessione da inizio anno a oltre 13% nella media globale (e oltre 21% per il Nasdaq), con una correzione simile per Europa e Stati Uniti. Nelle ultime settimane la flessione azionaria ha interessato anche i comparti difensivi e relativamente meno penalizzati dal rialzo dei tassi d’interesse. Da inizio anno permane un’elevata dispersione settoriale, con una netta sotto-performance di consumi discrezionali e tecnologia rispetto a consumi essenziali, health care e finanziari: il comparto energia è l’unico a registrare ritorni totali positivi nel 2022.

E’ proseguito il rialzo dei rendimenti governativi core a tutte le scadenze, fino a oltre 3% per il decennale statunitense e 1% per quello tedesco. I differenziali pagati dalle obbligazioni societarie si sono ampliati, anche se non si evidenzia ancora un netto deterioramento nella qualità del credito. La flessione da inizio anno dell’obbligazionario varia tra 8.5% e 10.5% sia per il credito nei paesi avanzati (sia investment grade che high yield) che per i governativi statunitense ed europeo (dati in valuta locale). Sono stati particolarmente penalizzati l’obbligazionario emergente (in calo di quasi 15% da inizio anno), e nell’ultimo mese il debito governativo italiano, che sconta il peggioramento del quadro macroeconomico e fiscale e le prospettive di restrizione monetaria nell’area dell’euro.

Utili meno eccezionali ma in crescita

I mercati azionari non hanno tratto beneficio da una stagione degli utili aziendali in chiaroscuro ma nel complesso favorevole. Circa 80% delle aziende incluse nei principali indici statunitensi ed europei ha riportato i risultati relativi al primo trimestre: questi mostrano una crescita di utili e fatturato (sull'anno precedente) ancora apprezzabile, ancorché lontana dai ritmi eccezionali del 2021, complici il rallentamento ciclico e il confronto con i livelli molto elevati del primo trimestre 2021. Fa eccezione il comparto delle materie prime che distorce al rialzo i dati aggregati. Negli Stati Uniti la crescita annua degli utili è prossima a 7% nel primo trimestre. In Europa tale crescita si attesta a 45%, ma a 13% al netto di energia e materie prime. Sia in Europa che negli Usa, i risultati di circa tre quarti delle imprese hanno sorpreso in positivo le stime degli analisti (in misura molto superiore per le aziende europee). La crescita del fatturato è stata molto significativa. In termini settoriali, hanno deluso i finanziari, alcuni tecnologici e consumi discrezionali.

Gli investitori scontano l'impatto di diversi shock

L’andamento dei mercati riflette in primo luogo il netto cambiamento di regime monetario rispetto ai due anni trascorsi. Da inizio anno le banche centrali hanno segnalato con crescente urgenza la necessità di rimuovere rapidamente lo stimolo per contrastare un’inflazione rivelatasi più elevata e persistente delle attese. Benché nei prossimi tre mesi il quadro di politica monetaria USA sia ormai delineato, in un orizzonte di 12-18 mesi permane sostanziale incertezza sulla dimensione complessiva della restrizione monetaria che si renderà necessaria per contrastare il rialzo dell’inflazione nei paesi avanzati. La crisi geopolitica e il relativo shock energetico hanno inoltre accentuato l’incertezza sugli sviluppi economici e ulteriormente peggiorato il trade-off tra crescita e inflazione. A questi fattori si è aggiunto nell’ultimo mese l’inatteso rallentamento della Cina in seguito a nuovi lockdown e ad una gestione inefficiente della pandemia. In questo contesto, benché i fattori ciclici (indicatori correnti e anticipatori) e strutturali (forza dell’economia globale precedente alla guerra ucraina) non descrivano uno scenario recessivo, l’irrigidimento di condizioni finanziarie e l’incertezza sugli sviluppi inflattivi portano gli investitori a scontare con crescente probabilità i rischi recessivi.

Economia globale colpita da diversi shock

L’economia globale è dunque colpita da diversi shock con intensità diverse nelle diverse aree geografiche. Il prezzo di alcune materie prime (petrolio e gas naturale) ha stabilizzato a livelli inferiori ai picchi di marzo, ma ampiamente superiori a quelli precedenti allo scoppio della guerra russo-ucraina; inoltre su alcune materie prime (carbone e alimentari) le tensioni restano elevate.

Lo shock energetico deve ancora dispiegare pienamente i propri effetti sulla spesa di famiglie e imprese: la perdita di potere d’acquisto contribuirà a moderare i consumi nel secondo trimestre con il rischio di una successiva moderazione della spesa delle imprese in beni capitali e occupazione. Nel breve termine, i rischi principali al proseguimento dell’espansione si stanno tuttavia spostando dall’Ucraina alla Cina, dove lockdown e restrizioni alla mobilità potrebbero far contrarre il PIL nel secondo trimestre, con possibili ripercussioni e nuove strozzature di offerta al resto dell’area asiatica. I rischi associati al rallentamento cinese sono molteplici, dati la dimensione dell’economia (circa 20% di quella globale), le interconnessioni delle catene produttive globali e l’interscambio commerciale con diverse aree: si prospetta un calo di esportazioni verso la Cina da diverse regioni (export di beni dall’Asia, di materiali collegati alla produzione di beni capitali da Europa e USA, e di materie prime dall’America Latina), proprio in una fase in cui si prospettava un riequilibrio tra domanda e offerta globali. I recenti indicatori anticipatori evidenziano una perdita di slancio ciclico tra primo e secondo trimestre.

L'indice PMI composto (manifatturiero e servizi) globale in aprile è sceso quasi due punti; il calo è dovuto principalmente all’economia di Cina e paesi emergenti, mentre la riduzione è solo pari a 0.4 nella media dei paesi avanzati (nei quali resta superiore alla media dei quattro anni di espansione pre-Covid). Tuttavia, preoccupano le ripercussioni che il rallentamento dell’economia cinese potrebbe avere sui paesi avanzati. Il livello di aprile del PMI globale resta consistente con una crescita del PIL mondiale pari o superiore a 2%.  L’indice PMI manifatturiero globale in aprile è sceso due punti (a 55.2), il livello più basso dall’estate 2020 benché ancora consistente con un ritmo apprezzabile di crescita dell’industria globale. Il calo è stato contenuto nell’area dell’euro (ad eccezione della Germania dove le aspettative di produzione sono in netta flessione) e molto più marcato in Cina, dove l’indice manifatturiero è sceso ai livelli più bassi dalla primavera 2020. La decelerazione di aprile ha interessato tutte le componenti della survey PMI (correnti e attese, di output e di domanda): appare quindi probabile un ulteriore indebolimento nel resto del secondo trimestre, anche se non a livelli recessivi.

 

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