Arrivano segnali di un rallentamento globale
Ad ottobre, l'azionario internazionale recupera parzialmente, con l’MSCI World che sale del 7,2% in
USD. Protagoniste del mese da un lato la BCE e, dall’altro, le trimestrali. Nel suo meeting di fine
mese, la BCE ha proseguito nel suo processo di normalizzazione monetaria. Il Consiglio Direttivo
ha infatti alzato di 75 p.b. i tre tassi di riferimento, portando i tassi sulle operazioni di
rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la
banca centrale rispettivamente a 2,0%, a 2,25% e a 1,50%. Il Consiglio prevede di aumentare
ulteriormente i tassi nelle prossime riunioni per frenare la domanda e “assicurare il ritorno
tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine”, nonostante riconosca di aver già
compiuto “progressi considerevoli”. In coerenza con la normalizzazione della politica monetaria,
sono stati inoltre modificati termini e condizioni delle operazioni di TLTRO, le quali si
applicheranno a partire dal 23 novembre, rendendo più conveniente per gli istituti bancari la
restituzione anticipata di questi prestiti, con possibile strette creditizie alle imprese. In linea con le
precedenti riunioni, la forward guidance è stata abbandonata: la futura traiettoria della politica
monetaria sarà regolarmente riesaminata e le decisioni prese “di riunione in riunione” in base
all’evolversi delle prospettive d’inflazione. La presidente Lagarde ha riconosciuto il rallentamento
in atto nell’area euro non escludendo una fase recessiva dal quarto trimestre. Il quadro descritto
dalla BCE è consistente con un nuovo rialzo in dicembre di entità più contenuta, con rialzi
successivi che saranno valutati in base all’evoluzione del contesto macroeconomico.
L’altra protagonista del mese è stata la stagione degli utili che, ad oggi, ha riportato circa il 40%
delle società sia in America che in Europa. La crescita degli EPS su base annua è stata in calo
sequenziale sia in America che in Europa, mentre è stata più sostenuta la crescita dei ricavi, il che
certifica le dinamiche di erosione dei margini a causa dell’aumento dei costi di produzione, energia
in primis, che le aziende non sempre sono riuscite a scaricare sui consumatori. In termini di
sorprese sugli EPS, il 73% delle aziende americane che ha riportato ha battuto le aspettative,
mentre in Europa la percentuale scende al 59%. I settori migliori in America sono stati Energy,
Industrials ed Healthcare, male invece Materials e Finanziari, penalizzati dai bassi volumi
dell’investment banking e dal nuovo aumento degli accantonamenti. L’Europa si distingue per i
buoni risultati di Energy, Communication Services ed Utilities, settori più difensivi. I messaggi per il
futuro sono stati improntati alla cautela in quanto emergono ulteriori segnali di deterioramento del
quadro macro. Le banche hanno aumentato gli accantonamenti, mentre a livello corporate, la
quota di aziende che ha tagliato i propri piani di investimento è salita sopra la media storica degli
ultimi 10 anni.
Approfondimento a parte meritano le large cap tecnologiche, protagoniste in negativo. Per quanto
riguarda i digital advertiser, Meta dopo la pubblicazione della trimestrale ha perso un quarto del
proprio valore: fatturato in calo del 4%, costi lievitati del 19%, margine operativo crollato dal 36% al
20%, e utile dimezzato. A preoccupare è soprattutto la guidance, con la società che conferma di
voler aumentare spese e investimenti nel metaverso, prevedendo perdite addirittura maggiori per il
2023. La pubblicità colpisce anche Alphabet: il fatturato della holding cui fa capo Google è sì
cresciuto, ma solo del 6%, deludendo le aspettative degli analisti e marcando una differenza
siderale con il +41% di un anno fa. Delude anche Amazon: il leader di e-commerce e cloud ha
riportato i primi profitti dell’anno nel terzo trimestre, ma sono comunque calati dall’anno scorso. La
divisione AWS, motore di profitti nel cloud, ha visto il giro d’affari salire del 27%, la crescita più
bassa dal 2014 e inferiore alle attese. Inoltre, è stato tagliato anche l’outlook di vendite per il
quarto trimestre dall’anno che dovrebbe fermarsi a 140-148 miliardi contro i 155 ipotizzati finora.
Unica a salvarsi Apple, che ha ancora una volta saputo incassare entrate record e profitti in grado
di battere le attese, pur segnalando ostacoli in arrivo.
Manteniamo quindi un atteggiamento cauto nei confronti dell’asset class azionaria ma in ottica
relativa, dal punto di vista geografico, portiamo al moderato sovrappeso l’esposizione al mercato
USA, per la sua maggior resilienza nelle fasi di rallentamento economico. Manteniamo il moderato
sottopeso sull’Europa per gli effetti maggiori della crisi in Ucraina sull’economia del Vecchio
Continente. Confermiamo il moderato sovrappeso per il mercato Giapponese, i cui prodotti
dovrebbero guadagnare competitività per l’indebolimento dello YEN. Infine, downgradiamo i Paesi
Emergenti, su cui la forza del Dollaro e il rialzo dei tassi stanno provocando una forte contrazione
degli utili societarie e per l’inaspettato irrigidimento delle politiche socioeconomiche interne in Cina
a seguito della conclusione del direttivo del PCC. Come posizionamento settoriale, confermiamo
la positività su settori quality e difensivi come Communication Services, Healthcare e Consumer
Staples. Su quest’ultimo comparto, esprimiamo una preferenza per i player europei, che
dovrebbero recuperare marginalità grazie al rafforzamento del dollaro. Segnaliamo opportunità
interessanti anche sui comparti Energy e Finanziari, su cui non esprimiamo comunque un
sovrappeso per via del contesto macro che rimane incerto e che può penalizzare questi settori,
comunque estremamente interessanti dal punto di vista valutativo e potenzialmente beneficiari
rispettivamente di tensioni sul mercato del petrolio e aumento dei tassi.