Dopo aver raggiunto i massimi dell’anno in avvio del mese sia in America che in Europa, i rendimenti hanno riprezzato significativamente al ribasso, in scia ai primi segnali di rallentamento delle dinamiche inflazionistiche americane ed europee.
I dati di inflazione USA sono usciti infatti sotto le attese, evidenziando per la prima volta un rallentamento: il 7,7% annuo registrato ad ottobre è inferiore sia all'8,2% di settembre che al 7,9% stimato dagli analisti. La scorsa settimana, parlando a un evento del Brookings Insitution, J. Powell ha aperto a una moderazione nel ritmo dei rialzi dei tassi di interesse, pur avvisando che per ripristinare la stabilità dei prezzi sarà necessaria una politica restrittiva per qualche tempo. Dichiarazioni che hanno rafforzato le aspettative di una stretta limitata a 50 punti base a dicembre dopo quattro ritocchi consecutivi da 75 punti base nelle precedenti riunioni, con un picco del costo del denaro previsto ora sotto il 5% a maggio.
Anche in Europa si sono registrati i primi segnali di rallentamento dell’inflazione, per la prima volta da circa un anno e mezzo. Secondo i dati preliminari, lo scorso mese i prezzi al consumo sono diminuiti dello 0,1% su base mensile, rispetto al +0,2% previsto dal consensus e dopo il +1,5% di ottobre. Su base annua, il dato ha registrato un +10% (+10,4% il consensus) rispetto al +10,6% del mese precedente. Le attese di una decelerazione nel ritmo della restrizione monetaria ha portato il mercato a riprezzare anche i tassi terminali, che sono scesi dai massimi dello scorso mese: quello americano al 4,90% e quello europeo al 2,80%, con gli investitori che sembrano ora concentrarsi maggiormente sugli impatti recessivi della restrizione monetaria.
In tale contesto, si è infatti registrato un’accelerazione dell’inversione delle curve dei rendimenti. In America il tratto 10 vs 2 si è sempre più invertito superando la soglia dei 75pb, livello che non si raggiungeva dagli anni ottanta, quando la Fed ha dovuto fronteggiare un’inflazione a due cifre. Anche in Europa la curva dei rendimenti si è progressivamente appiattita con il tratto 10 vs 2 anni che si è invertito a quota -20 basis point, confermando i timori di impatti recessivi del contesto macroeconomico.
La Presidente Christine Lagarde, ha ribadito che i tassi potrebbero essere portati in territorio restrittivo e che le “decisioni del Consiglio direttivo continueranno a dipendere dai dati e seguiranno un approccio riunione per riunione in un contesto di elevata incertezza”. Il mercato ad oggi assegna solo una probabilità di circa il 25% per un rialzo di 75 bps posizionandosi su un’attesa di 50bps nel prossimo meeting BCE di metà dicembre.
In tale contesto, sul rischio tasso passiamo ad un’impostazione neutrale ritenendo che le aspettative di rialzo dei tassi siano vicine ad un picco, complice i primi segnali di rallentamento dell’inflazione registrati sia in America che in Europa e al rafforzarsi dei rischi di significativi rallentamenti della crescita, come segnalato dall’inversione delle curve dei rendimenti. Nel settore del credito i premi al rischio nel corso del mese sono scesi dai massimi raggiunti in ottobre, in un contesto di maggior propensione al rischio prevalsa sui mercati con i principali indici che hanno chiuso con performance sopra la parità. Sull’asset class del credito manteniamo un approccio selettivo, evidenziando che i livelli di spread e rendimento raggiunti iniziano ad offrire interessanti opportunità su un adeguato orizzonte temporale, soprattutto per quanto riguarda il comparto Investment Grade (IG) europeo, in un contesto di volatilità dei tassi in progressiva riduzione.
Uno scenario di crescita globale che può prevedere una recessione in Europa, che non esclude un forte rallentamento negli USA ed una Cina alle prese con una crescita ai livelli più bassi degli ultimi decenni, ci porta a mantenere ancora un’impostazione neutrale- negativa sull’asset class del debito emergente nel suo complesso. Visto le recenti attese di rallentamento della restrizione monetaria lato Federal Reserve, che implicherebbe quindi in termini di mercato una sostanziale stabilizzazione del terminal rate sui Fed Funds, in valore relativo preferiamo un posizionamento neutrale sugli Emergenti in hard currency, Manteniamo invece una posizionamento di maggior cautela sulla componente EM in local currency.