Per la prima volta da diversi mesi, il contesto macroeconomico (crescita, tassi, inflazione) non è stato il principale focus degli investitori. L’attenzione degli operatori è stata infatti catalizzata nelle ultime settimane principalmente dall’evoluzione della crisi russo-ucraina. Su questo fronte, la situazione si è recentemente deteriorata condizionando in modo evidente l’andamento di tutte le principali asset class. Materie prime e beni rifugio hanno reagito positivamente mentre la quasi totalità degli altri risky asset hanno subito pesanti battute d’arresto con un netto aumento della volatilità.
Il cambio di passo della crisi è avvenuto tra lunedì 21 e martedì 22 febbraio quando il presidente russo Putin ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche di Lugansk e Donetsk, ma l’accelerazione verso un conflitto a più alta intensità è partito questa notte con l’ingresso delle truppe in territorio Ucraino ed il contemporaneo bombardamento di siti militari in citta' non solo di confine, come Odessa, Kharvik, Mariupol e Kiev. In seguito a questi eventi il presidente degli Stati Uniti Joe Biden incontrerà le sue controparti del G7 oggi per imporre misure più severe contro la Russia dopo quelle introdotte nei giorni scorsi ed anche i leader dell'Unione Europea discuteranno un ulteriore pacchetto di sanzioni contro Mosca in una riunione di emergenza oggi.
In questo contesto in repentina evoluzione, il ruolo delle principali banche centrali sarà ancor più complesso e dirimente, sia per gestire le spinte inflattive in atto sia per garantire la stabilità finanziaria sui mercati. Per quanto riguarda la FED, la lettura delle minute del FOMC non ha portato sostanziali novità e diversi economisti prevedono ancora un rialzo di 50bps a marzo seguito da due rialzi di 25bps a maggio e giugno cui seguirà una pausa estiva durante la quale comincerà probabilmente la riduzione del bilancio; l’evoluzione del conflitto potrebbe però potenzialmente far rivedere piani, tempistiche ed intensità dei rialzi. Sul fronte Continentale, prima del deterioramento della situazione in Est Europa, diversi esponenti della BCE continuavano ad ammettere la necessità di agire quest’anno su più fronti (riduzione dell’APP e cancellazione delle operazioni di rifinanziamento TLTRO) per gestire l’inflazione senza deprimere la crescita, mentre le ultime dichiarazioni da parte del Consigliere BCE Staurnas, sostengono che la BCE dovrebbe proseguire il suo programma di acquisto titoli almeno fino alla fine dell'anno e togliere dal tavolo un possibile rialzo dei tassi al fine di contrastare le ricadute del conflitto. In Cina il raffreddamento dell'inflazione a gennaio potrebbe invece fornire spazio per una politica più accomodante da parte PBOC, volta a contrastare il rallentamento ciclico e a stabilizzare la crescita dopo un 2021 sottotono, rilanciando un'economia messa fortemente alla prova dalla pandemia. Perciò alla luce di uno scenario altamente incerto sia sul fronte geopolitico che monetario, riteniamo sia corretto mantenere un atteggiamento costruttivo nei confronti delle principali materie prime, sia per motivazioni di carattere fondamentale che per avere un hedging a fronte di possibili ulteriori escalation militari e inflattive.
Sul petrolio crediamo invece che le tensioni sul fronte Ucraino e l’atteggiamento dell’OPEC possano mantenere orientati al rialzo i prezzi del greggio nonostante il possibile accordo sul nucleare tra Iran e USA.
Per quanto riguarda l’oro, l’attuale fase di risk off e l’inflazione sostenuta dovrebbero compensare le attese relative al rialzo dei tassi, manteniamo quindi la neutralità e monitoriamo attentamente i livelli tecnici per possibili spunti operativi.
Sul fronte valutario passiamo alla moderata positività su dollaro americano e alla neutralità sullo yen in quanto riteniamo che la loro fase di apprezzamento delle ultime settimane, dovuta alle attuali tensioni geopolitiche, possa nel breve continuare ma con minore intensità. Lo yen in particolare, rientrata l’attuale fare di avversione al rischio dovrà presto fare ancora i conti con una congiuntura economica in ripresa ma ancora poco brillante rispetto alle altre principali economie avanzate. Restiamo positivi sulla sterlina in virtù dell’atteggiamento più hawkish del previsto che sta implementando la banca centrale inglese per contrastare un’inflazione galoppante che rischia ormai di andare fuori controllo. Questo mese la BoE ha alzato i tassi di altri 25 punti base per il secondo mese di seguito (non accadeva dal 2004) con quattro membri del board che hanno addirittura proposto un rialzo a febbraio di 50 punti base (sarebbe stata la prima volta in assoluto) per far fronte ad un’inflazione che ha superato la sogli del 7%.