Nei primi mesi del 2024 è proseguito il rialzo dei mercati azionari, che ha spinto molti listini a nuovi massimi storici. I ritorni totali dell’azionario da inizio anno sono prossimi a 7% nella media globale, ma superano 20% se misurati dallo scorso ottobre.
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Il recupero ha interessato tutti i settori, ma è stato ancora una volta trainato dalla tecnologia, grazie agli utili eccezionali riportati dalle principali aziende del settore. Nel credito i rendimenti hanno premiato i comparti più speculativi, dove i differenziali pagati dalle obbligazioni societarie sono scesi a livelli inferiori ai valori di medio termine, specchio della tenuta dell’espansione globale e dell’elevata domanda da parte degli investitori.
Le classi di attivo rischiose non hanno risentito del rialzo dei rendimenti governativi dai minimi di fine 2023. I rendimenti decennali, oggi pari a 4.10% per il Treasury e quasi 2.30% per il Bund, restano comunque ampiamente inferiori ai massimi dello scorso ottobre. – massimi che a nostro avviso non saranno più raggiunti.
Gli investitori hanno ridimensionato le attese di taglio dei tassi ufficiali nei prossimi mesi: un calo più lento del previsto dell’inflazione e una retorica attendista da parte delle banche centrali hanno smorzato l’eccesso di ottimismo che era prevalso a fine 2023. Oggi i mercati scontano l’avvio verso metà 2024 di un graduale ciclo espansivo (che proseguirebbe nel 2025), e che alla fine di quest’anno dovrebbe portare l’intervallo target sui Fed Funds tra 4.50% e 4.75%, ossia 75 punti base sotto i livelli attuali. Un calo analogo è previsto per il tasso sui depositi europei dall’attuale 4%. A nostro avviso si tratta di uno scenario plausibile, ma fortemente condizionato dal proseguimento della disinflazione, uno sviluppo tutto da verificare.
Gli sviluppi macroeconomici sono stati nel complesso in linea con il nostro scenario centrale ma ancora una volta con un punto di attenzione sul fronte inflattivo. Gli indicatori ciclici mostrano negli USA una crescita del PIL prossima a 2% nel primo trimestre, e nell’area euro ancora stagnazione ma con segnali di miglioramento del settore manifatturiero. Il rovescio della medaglia di questa resilienza dell’espansione alla trascorsa restrizione monetaria è la difficoltà di percorso dell’ultimo miglio di discesa dell’inflazione: nel comparto dei servizi infatti la disinflazione procede con lentezza in risposta ad una crescita salariale ancora elevata e nell’area dell’euro a trend sfavorevoli di produttività.
Le banche centrali hanno aperto ad un primo taglio dei tassi ufficiali di 25 punti base in giugno purché il calo dell’inflazione nei prossimi tre mesi rafforzi la loro convinzione che il target del 2% sia raggiungibile entro il prossimo anno.
Tra gennaio e febbraio l’inflazione core – al netto di alimentare ed energia – era ancora prossima a 4% negli Stati Uniti e a 3% nell’area dell’euro. La normalizzazione delle filiere produttive e il calo dei costi energetici hanno già riportato a target la crescita nel prezzo dei beni. Perché tuttavia anche l’inflazione dei servizi scenda a livelli compatibili con il target del 2% nel medio termine saranno necessari sviluppi quali moderazione salariale, trend favorevoli di produttività o riduzione dei margini di profitto.
La nostra strategia d’investimento mantiene un orientamento positivo sia sull’azionario che sul bond: un calo persistente dell’inflazione è un fattore positivo per tutte le asset class indipendentemente dal ritmo di espansione monetaria che dipenderà dai dati. Non escludiamo tuttavia nel breve un aumento di volatilità .
Per i rendimenti decennali, prevediamo in corso d’anno un range tra 3.75% e 4.60% per il Treasury e tra 2% e 2.75% per il Bund: eventuali tensioni al rialzo nel breve termine potrebbero offrire opportunità d’ingresso nella parte a lunga della curva, con prospettive di guadagno in conto capitale in un orizzonte di 12-18 mesi. Il credito offre rendimenti interessanti, anche per i comparti a breve termine della curva, mentre la prospettiva di ulteriore restringimento degli spread appare limitata. Infine il dollaro può rappresentare una copertura dai diffusi rischi geopolitici.
L’azionario, le cui valutazioni estese ormai scontano molte notizie positive sul fronte della crescita e degli utili, potrebbe essere vulnerabile al protrarsi di tassi reali elevati o a sorprese negative dai dati; riteniamo tuttavia che eventuali correzioni possano offrire opportunità d’acquisto. Manteniamo un portafoglio diversificato, che include un’esposizione alla tecnologia ma anche a settori più difensivi (quali le utilities europee o health care in USA) con elevata visibilità degli utili e capacità delle imprese di mantenere i propri margini.