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Prosegue il recupero dei mercati e cenni sul NADEF

Il recupero di azionario e obbligazionario in parte riflette l'aspettativa di rialzi meno rapidi dei tassi ufficiali USA, una prospettiva plausibile dato il probabile picco dell'inflazione americana e i segnali Fed.
Più controverso invece l'ottimismo degli investitori sulla possibilità di soft landing dell'economia USA: una recessione USA non è imminente ma appare probabile nei prossimi 12 mesi.

In evidenza questa settimana:
  • Prosegue il recupero dell'azionario con performance ampiamente positiva da inizio quarto trimestre e sovra-performance in area euro trainata da industriali e finanziari, corregge il dollaro;
  • Rendimenti governativi in calo significativo dai picchi di ottobre;
  • Verso rialzi più graduali dei tassi USA con Fed Funds terminale a 5% nei primi mesi del 2023: inflazione USA oltre il picco e significativa restrizione cumulata già realizzata;
  • Nel 2023 si prefigura un contesto di recupero per i mercati obbligazionari;
  • Più controversa la sostenibilità del rialzo azionario oltre il breve termine: una recessione USA non è imminente ma resta probabile il prossimo anno;
  • Italia: sostenibilità del debito non compromessa nonostante stagnazione economica purchè rialzo contenuto spesa per interessi

Nelle ultime settimane è proseguito il recupero dei mercati azionari, che ha portato in territorio ampiamente positivo le performance nel trimestre in corso: da inizio ottobre a oggi l’azionario globale ha recuperato mediamente 13%, con una netta sovra-performance degli indici europei e italiani rispetto alle altre aree geografiche. Il recupero ha interessato tutti i settori ma l’area euro in particolare ha beneficiato del rialzo di finanziari, industriali e consumi discrezionali.

Sono positive anche le performance dell’obbligazionario. Gli spread di credito si sono ristretti in tutti i comparti, sia in area euro che negli USA. I rendimenti governativi sono scesi sensibilmente a tutte le scadenze, fino a 3.70% per il Treasury decennale e a 1.90% per il Bund, con un calo negli USA di quasi 50 punti base dai massimi di ottobre. Si è invece interrotta la corsa del dollaro, che nei confronti dell’euro ha perso circa 6% nel trimestre in corso e 8% dai massimi dell’anno.

Il recupero dei mercati riflette diversi fattori, alcuni dei quali convincenti e destinati a dare ancora supporto sia a bond che a equity nei prossimi mesi, altri invece più controversi soprattutto per l’azionario.

Il primo fattore riguarda le aspettative di rialzi meno rapidi dei tassi ufficiali americani dati gli sviluppi ciclici e i segnali della stessa banca centrale.

Dopo molti mesi l’inflazione USA ha finalmente sorpreso in positivo: inflazione e tassi USA con una leggera discesa in ottobre che pur con gradualità dovrebbe proseguire nei prossimi mesi grazie al rientro dell’eccesso di domanda di beni e al venir meno delle distorsioni dovute alla pandemia. Il ciclo restrittivo USA non è concluso, e dovrebbe proseguire fino ad un tasso terminale sui Fed Funds prossimo a 5% nei primi mesi del 2023. Ma la Fed è sembrata aperta a futuri rialzi più contenuti, di 50 o 25 p.b. dati la restrizione cumulata già realizzata ed i normali ritardi con cui essa impatta l’economia reale. In questo contesto, le ulteriori pressioni al rialzo sui rendimenti governativi USA dovrebbero essere ormai contenute, prefigurando il recupero dell’obbligazionario nel 2023.

Il secondo fattore di sostegno ai mercati azionari – a nostro avviso più controverso – riguarda la fiducia che gli investitori esprimono nel cosiddetto soft landing dell’economia statunitense: per riportare l’inflazione verso il target sarebbe sufficiente un rallentamento dell’economia a tassi inferiori a potenziale senza tuttavia attraversare una fase recessiva.

Tale ottimismo riflette l’effettiva resilienza dell’economia USA che grazie alla forza del mercato del lavoro e alla tenuta degli investimenti dovrebbe mantenere tassi di crescita positivi fino alla prima metà del 2023. L’indicatore elaborato dalla Fed di Atlanta ad esempio prevede per il quarto trimestre 2022 una crescita del PIL superiore al 2.5% annualizzato nel quarto trimestre 

A nostro avviso tuttavia tale ottimismo potrebbe rivelarsi eccessivo oltre il beve termine. Se una recessione USA non appare imminente, cresce tuttavia la probabilità che essa si verifichi nell’arco dei prossimi 12 mesi, come ampiamente segnalato dall’inversione della curva governativa USA. L’irrigidimento delle condizioni finanziarie realizzato nel 2022 è stato eccezionalmente rapido e significativo, ed è destinato ad impattare l’attività economica nei prossimi trimestri.  

Gli indicatori anticipatori segnalano un progressivo rallentamento dell’economia USA e globale. Secondo i primi dati Flash, in novembre gli indici PMI per manifatturiero e servizi  sono scesi sotto 50, in territorio di contrazione, pur avendo stabilizzato nell’area dell’euro. Negli Stati Uniti indicazioni analoghe dovrebbero giungere dall’indice ISM manifatturiero, relativo sempre al mese di novembre, che sarà pubblicato giovedì 1 dicembre. Appare probabile anche un brusco rallentamento dell’economia cinese, alle prese con nuovi lockdown in una difficile transizione verso politiche più efficienti di gestione della pandemia.

Concludiamo con un commento sull’Italia. La struttura della Legge di Bilancio appena approvata non presenta sorprese rispetto al quadro della NADEF, la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza. Con una manovra espansiva poco superiore a 1% del PIL, concentrata sul contrasto ai costi energetici (benché solo fino a marzo 2023), il deficit 2023 sale a 4.5% del PIL: tale livello consentirebbe la stabilizzazione del debito/PIL, nonostante la stagnazione economica, purché tuttavia la spesa per interessi aumenti in misura solo contenuta.

Il mercato governativo italiano aveva già scontato questo scenario: i rendimenti sul BTP hanno stabilizzato dopo una salita protratta nel 2022 e lo spread BTP con il Bund è rientrato sotto i 200 p.b. ai livelli dello scorso maggio, beneficiando anche della ricerca di rendimento da parte degli investitori.

In prospettiva segnaliamo due fattori critici per il debito governativo italiano, anche nel monitoraggio delle agenzie di rating, che riguardano l’evoluzione della nostra spesa pubblica. Il primo riguarda il rialzo dei tassi ufficiali BCE, stimati tra 2.5% e 3% nel 2023: i rendimenti governativi italiani e tedeschi sono destinati a salire dai livelli correnti, così aumentando il servizio del debito. Il secondo fattore riguarda invece l’evoluzione della spesa pensionistica nominale, già spinta al rialzo dalla necessaria indicizzazione all’inflazione.

Concludiamo con il calendario dei dati – oltre a quelli già citati segnaliamo il 30 novembre i dati sull’inflazione europea, che dovrebbero indicare un ulteriore aumento spinto dalla componente energetica.

 

 

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