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RECESSION STUDIO USA 2023: QUALI SONO LE VARIABILI DA MONITORARE?

Lo studio esplora il tema della recessione negli Stati Uniti analizzando i fattori che fanno presagire una possibile fase recessiva. In particolare, l’analisi viene suddivisa in tre categorie in base alle variabili di fattori che con una probabilità bassa, medio o alta possono indicare una fase recessiva.

Che cos’è una recessione e cosa la innesca?

Secondo la definizione del National Bureau of Economic Research (NBER), l’ente che certifica le fasi recessive negli USA: “la recessione è un calo significativo dell’attività che si riscontra in modo diffuso in tutta l’economia e di durata superiore a pochi mesi”.

Tre criteri caratterizzano una recessione: ampiezza, diffusione e durata della contrazione di attività*. Nelle fasi recessive si riscontra una caduta del PIL con una flessione di consumi, investimenti e occupazione. Le recessioni sono forti discontinuità che segnano la fine delle espansioni. Come ricordano gli economisti, le espansioni economiche non “muoiono” di semplice vecchiaia ma in risposta a sviluppi avversi quali politiche economiche restrittive, crisi energetiche o altri shock. Storicamente l’economia USA è entrata in recessione probabilmente in risposta a un irrigidimento delle condizioni finanziarie (e fiscali) e/o in risposta a shock negativi sulle materie prime.

La gravità delle recessioni tende a essere accentuata se nella fase di espansione si generano squilibri nei bilanci del settore privato (eccesso di indebitamento o leva finanziaria per famiglie, imprese e banche) che poi innescano una successiva riduzione della leva (come nella “recessione creditizia” del 2008).

Quali indicatori ciclici identificano una fase recessiva?

In recessione si innesta una spirale di debolezza: il calo dei consumi induce le imprese a tagliare la spesa in occupazione e investimenti, con impatto negativo su reddito reale e dunque nuovamente sui consumi e sulla produzione. La fine delle recessioni solitamente richiede una risposta espansiva della politica economica, monetaria o fiscale.

Secondo l’NBER, le variabili cicliche (mensili) rilevanti per monitorare l’avvento di una recessione nell’economia USA sono il reddito reale personale (al netto dei trasferimenti), l’occupazione (non-farm payroll), il consumo reale personale, le vendite al dettaglio e la produzione industriale.

Quali sono le previsioni di crescita per il 2023-2024?

L’economia USA è in una fase di rallentamento — guidato dalla restrizione monetaria operata dalla Federal Reserve per ridurre l’inflazione – che potrebbe tradursi in recessione nei prossimi 12-24 mesi.

Le stime 2023-2024 dei principali previsori istituzionali (tabella a sinistra) al momento escludono una recessione ma evidenziano i rischi che questo accada, specie se la restrizione della Fed si protraesse oltre le attese.

La Survey of Professional Forecasters condotta trimestralmente dalla Federal Reserve di Philadelphia mostra la media delle risposte di un ampio campione di analisti alla domanda: in base alle vostre stime, qual è la probabilità di recessione nei successivi 12 mesi? Tale probabilità è salita fortemente (grafico sulla destra). Le recessioni sono tuttavia eventi «non lineari» difficili da prevedere.

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Anatomia delle recessioni USA: perché monitorarle da investitori?

Le recessioni sono discontinuità rilevanti per gli investitori poiché storicamente associate a cadute molto significative (spesso a doppia cifra) degli utili aziendali e dei mercati azionari (da picco a minimo).

Come mostra la Tabella, una recessione è sempre preceduta dall’inversione della curva governativa (vedi paragrafo successivo); i tempi di anticipo sono però molto incerti, e storicamente variano da pochi mesi a un anno e mezzo circa. Inoltre, le recessioni USA hanno avuto durata e gravità diverse in merito a caduta del PIL, deterioramento degli indicatori ciclici anticipatori (quali l’indice ISM manifatturiero) e impatto su utili e indici azionari.

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Segnali di un’alta probabilità di recessione:

1) Inversione curva governativa

Uno dei segnali che più spesso prospetta una recessione è l’inclinazione negativa (o inversione) della curva dei rendimenti governativi, intesa come la differenza tra i tassi a lunga scadenza (10 anni) e i tassi a breve (a 2 anni o a 3 mesi, questi ultimi considerati più attendibili perché direttamente influenzati dai tassi ufficiali).

Un’inversione della curva governativa solitamente prelude a una fase recessiva con calo dell’inflazione e dei rendimenti: il mercato si aspetta un futuro allentamento della politica monetaria in risposta ad un netto peggioramento ciclico. Le stime basate sulla curva dei rendimenti per scadenza (modello elaborato dalla NY FED) oggi segnalano un netto aumento della probabilità di recessione nei prossimi 12 mesi.

2) Irrigidimento condizioni finanziarie

 Il 2022 ha visto un vero e proprio cambio di regime monetario nei maggiori paesi avanzati: le banche centrali hanno avviato un rapido ciclo di rialzo dei tassi ufficiali che proseguirà nel 2023, per contrastare un’inflazione rivelatasi più elevata e persistente delle attese. In USA il tasso sui Fed Funds è previsto in ulteriore aumento almeno a 5.25%-5.50% entro metà 2023. Restrizioni monetarie analoghe sono state disposte anche dalle altre autorità monetaria (in area euro e paesi emergenti), provocando un irrigidimento globale e sincronizzato delle condizioni finanziarie che ha pochi precedenti storici, e che sta provocando un rallentamento del ciclo mondiale.

Il grafico di sinistra confronta per USA, Area Euro e UK gli indici di condizioni finanziarie (elaborati da Goldman Sachs) che includono tassi ufficiali, rendimenti governativi,  tassi sui mutui, costo del credito, costo di finanziamento sul mercato delle aziende e tassi di cambio (un aumento degli indici denota condizioni più restrittive): dal 2022 si registra un forte aumento del costo di finanziamento per famiglie e imprese.

Il grafico di destra confronta il trend di peggioramento (variazione a un anno) delle condizioni finanziarie USA (avanzate 6M) con un indicatore anticipatore del ciclo manifatturiero (indice ISM, livelli sotto 50 indicano contrazione dell’attività): il deterioramento delle condizioni finanziarie segnala un brusco indebolimento della produzione manifatturiera USA, complice la protratta forza del dollaro. Quanto più significativo e protratto sarà il rialzo dei tassi ufficiali USA, tanto maggiore il rischio di recessione.

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Segnali di una media probabilità di recessione:

1) Ciclo degli investimenti

La decelerazione in atto nel ciclo degli investimenti potrebbe proseguire dati il calo di domanda finale e la maggior difficoltà per le imprese USA di finanziarsi sia tramite credito bancario che tramite il mercato dei capitali. Tuttavia la solidità dei bilanci aziendali limita la necessità di finanziamento esterno e quindi la vulnerabilità degli investimenti al rialzo dei tassi d’interesse creditizi e di mercato.

Il grafico a sinistra rappresenta il financing gap ossia la quota degli investimenti aziendali che deve essere finanziata esternamente, in percentuale del PIL. In contrasto con le fasi antecedenti le recessioni, tale valore per le aziende USA è attualmente negativo, indicando che la liquidità delle imprese al momento è sufficiente a finanziare la spesa in beni capitali.

Il grafico a destra  confronta gli ordini di beni capitali (una proxy della spesa d’investimento) con alcuni indicatori anticipatori della domanda finale (nuovi ordinativi e ordini accumulati, secondo la survey industriale ISM): il calo di domanda molto probabilmente prelude ad una flessione degli investimenti privati ma di dimensione contenuta. Questo grafico confronta gli ordini di beni capitali (una proxy della spesa d’investimento) con alcuni indicatori anticipatori della domanda finale (nuovi ordinativi e ordini accumulati, secondo la survey industriale ISM): il calo di domanda molto probabilmente prelude ad una flessione degli investimenti privati ma di dimensione contenuta.

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Segnali di una bassa probabilità di recessione:

1) Mercato del lavoro

In contrasto con le fasi storiche precedenti l’avvento di una recessione, il mercato del lavoro USA resta estremamente forte. La domanda totale di lavoro da parte delle imprese (occupati totali + posizioni lavorative aperte) da molti mesi supera ampiamente l’offerta di lavoro (occupati totali + disoccupati) (grafico a sinistra). La strutturale carenza di manodopera, salita a livelli mai registrati, aumenta la riluttanza delle imprese a licenziare anche nell’attuale fase di indebolimento della domanda.

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In positivo, la robusta crescita occupazionale sostiene reddito da lavoro e consumi e riduce i rischi recessivi. In negativo tuttavia, l’eccesso di domanda di spinge al rialzo la crescita salariale, a livelli incompatibili con il target d’inflazione a 2% (grafico a destra pagina precedente, che mostra varie misure del costo del lavoro USA).

La rapidità di decelerazione salariale è uno dei fattori chiave dello scenario 2023: se le tensioni salariali restassero elevate la Fed dovrebbe alzare i tassi ufficiali anche oltre 5.50% e tenerli a tali livelli più a lungo, aumentando fortemente i rischi recessivi.

2) Richieste di disoccupazione

Le condizioni eccezionalmente tese del mercato del lavoro sono oggi lontane da un contesto recessivo. L’andamento dell’occupazione può tuttavia rallentare bruscamente: un segnale di recessione storicamente rilevante è un aumento a doppia cifra (in 

percentuale) dei sussidi di disoccupazione (jobless claim) rispetto al trend (media mobile a tre mesi). Storicamente, un rapido e stabile aumento dei sussidi di disoccupazione in un range 275,000-300,000 ha spesso segnalato l’avvento di una recessione.

Nel grafico di sinistra proponiamo questo concetto confrontando il numero di richieste dei sussidi disoccupazione (serie arancione) con la media mobile a tre mesi dello stesso indicatore (serie nera).

Attualmente il trend resta in calo e non si evidenzia un peggioramento, nonostante il tasso disoccupazione USA prossimo a 3.5% sia sceso a minimi storici.

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3) Reddito reale e risparmi

I consumi delle famiglie dipendono dal reddito disponibile reale (al netto dell’inflazione) e in generale dai bilanci familiari (risparmi, attività finanziarie, grado d’indebitamento). Nel 2021-2022 il reddito personale reale USA è stato sostenuto da ampi sussidi fiscali (oggi esauriti), dai risparmi accumulati durante la pandemia e dalla crescita occupazionale, ma è stato molto penalizzato dall’elevata inflazione. Le prospettive 2023 sono più incerte, considerando l’evoluzione di tali variabili. In positivo tuttavia, e diversamente dal 2008, le famiglie USA sono poco indebitate e meno vulnerabili al rialzo dei tassi. Durante la pandemia i consumatori hanno accumulato risparmi in eccesso (rispetto al trend) che hanno in seguito utilizzato per compensare l’aumento dell’inflazione. Il grafico a destra nel paragrafo precedente mostra i flussi mensili di risparmio in eccesso (aumentati nel 2020 e fino a metà 2021 e in seguito spesi) e lo stock complessivo (ancora positivo ma in esaurimento). Il risparmio in eccesso probabilmente continuerà a sostenere i consumi privati fino a metà 2023.

La spesa delle famiglie in consumi (personal consumption expenditure) ha fortemente rallentato ma è proseguita a tassi moderatamente positivi nel 2022 e a inizio 2023.

Dopo il balzo dell’inflazione a massimi storici nel 2022, nell’anno in corso la prevista stabilizzazione dell’inflazione dovrebbe costituire un freno sempre minore alla crescita del reddito reale così sostenendo i consumi, o almeno limitandone la flessione.

4) Margini di profitto aziendali

I margini di profitto seguono una dinamica regolare durante il ciclo economico: all’inizio del ciclo aumentano e verso la metà del ciclo raggiungono il picco per poi scendere ai minimi alla fine del ciclo.

Alla fine di una recessione, e all’inizio di un nuovo ciclo, la domanda per i beni delle aziende recupera (da bassi livelli) aumentando i ricavi e favorendo il recupero dei profitti (da bassi livelli) poiché il costo del lavoro è basso (grazie al potere di negoziazione acquisito dalle aziende durante la recessione). Il miglioramento dei profitti favorisce la spesa in investimenti e occupazione, che a sua volta aumenta la domanda. Durante l’espansione, tuttavia, i costi di produzione risalgono e i lavoratori guadagnano potere negoziale, erodendo i profitti delle aziende, penalizzati inoltre (come nella fase attuale) dalla restrizione monetaria avviata per contrastare le tensioni inflattive. Il calo della profittabilità porta ad un calo di investimenti e occupazione, che può tradursi in recessione.

Il grafico di sinistra mostra che nella fase attuale i margini di profitto aziendali sono saliti ai massimi storici. Tuttavia, l’esperienza storica (grafico sulla destra) suggerisce rende probabile una discesa da questi picchi, specie se il calo dell’inflazione (e del pricing power delle imprese) fosse più rapido di quello del costo del lavoro; l’attuale solidità dei bilanci aziendali dovrebbe tuttavia ridurre la vulnerabilità delle imprese USA al rialzo dei tassi.

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