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Quando gli USA perdono centralità nei portafogli, servono nuove coordinate. Ecco le scelte di asset allocation sul II semestre

Scritto da Simone Da Dalt | 04 giugno 2025

La messa in discussione dell’eccezionalismo americano è un evento profondamente trasformativo in termini di asset allocation. Ce lo racconta Simone Da Dalt Chief Investment Officer di Euromobiliare Advisory SIM, intervistato da FundsPeople.


La valutazione dell'asset allocation ideale per il secondo semestre 2025 è complicata dall'incertezza delle politiche commerciali USA e dalle loro ripercussioni globali”. Nella riflessione di Simone Da Dalt, head of investment solutions di Euromobiliare Advisory SIM, si tratta del presupposto per raccomandare “una gestione dei rischi più attiva e una diversificazione geografica e settoriale”. Per questo motivo Da Dalt indica che, sul fronte azionario, la società mantiene “un'esposizione al rischio aperta ma ridotta rispetto all'inizio dell'anno. Si valuteranno incrementi solo dopo eventuali correzioni”. Negli Stati Uniti, poi, nonostante valutazioni in linea con le medie storiche, “l'incertezza spinge verso qualità e settori difensivi (communication services, health care)”. Mentre di qua dell’Atlantico, “l'Area Euro è attraente per valutazioni, politica BCE e programmi fiscali, con focus su finanziari e communication services. I mercati emergenti beneficiano di valutazioni interessanti e potenziale debolezza del dollaro, ma restano vulnerabili alle guerre commerciali”. Cautela nella gestione del rischio di duration per l'obbligazionario. “Tra i titoli governativi, si preferiscono le scadenze intermedie e la curva europea rispetto a quella statunitense. Nel credito, i rendimenti offrono un buon ‘cuscinetto’, con preferenza per l'investment grade europeo sull'high yield. La sfiducia negli asset USA potrebbe continuare a indebolire il dollaro”.

Alla luce di queste considerazioni, dunque, rispetto all’inizio del 2025 “l'approccio è passato da un sovrappeso azionario a maggiore cautela e tatticità, a causa dell'aumento del protezionismo come shock dominante”. L'esposizione è stata ribilanciata dagli USA verso l'Europa, “e le attese di tagli dei tassi Fed sono state ridimensionate e posticipate”. Mentre nel reddito fisso, come detto, “si è passati a una maggiore cautela sul rischio duration e a una preferenza per le scadenze intermedie” e l'esposizione al dollaro USA è stata ridotta.

Anche sul fronte dei rischi individuati per i mesi a venire si impone, come principale “lo shock protezionistico e le guerre commerciali, con potenziali impatti negativi su crescita e inflazione, complicando le politiche monetarie della Fed e aumentando i rischi recessivi per gli USA. A livello obbligazionario, la sostenibilità fiscale statunitense preoccupa”. Da Dalt specifica come tali rischi siano già incorporati nei portafogli “tramite una gestione più prudente del rischio azionario e obbligazionario, una maggiore diversificazione e un focus sulla qualità degli emittenti meno esposti ai dazi” e indica che “si valuteranno incrementi azionari solo in caso di correzioni significative o di uno scenario meno severo sulle politiche commerciali”. Lato obbligazionario, indica gestione tattica della volatilità e un monitoraggio continuo dei dati macro, delle politiche e degli utili aziendali.

 

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