Il FMI prevede che la crescita mondiale in calo, a pesare la revisione al ribasso della crescita USA come anche le previsioni per l'Eurozona, in particolare per la crisi energetica europea e diverse situazioni di instabilità politiche (Francia, UK e Italia), continuano a pesare sull’Europa.
Nell' ultimo aggiornamento del World Economic Outlook (WEO) il FMI prevede che la crescita mondiale passerà dal 6,1% dell'anno scorso al 3,2% nel 2022 (0,4% in meno rispetto a quanto indicato ad aprile), per poi attestarsi al +2,9% nel 2023 (0,7 punti% in meno rispetto alle previsioni precedenti).
A pesare la revisione al ribasso della crescita USA che, secondo le recenti stime, scenderà al 2,3% quest'anno e all'1% nel 2023 a causa della riduzione del potere d'acquisto delle famiglie e dell'inasprimento della politica monetaria da parte della Federal Reserve.
A tal proposito, secondo quanto emerso dai verbali della riunione della Fed del 26-27 luglio, i banchieri statunitensi rimangono unanimi nel ritenere che continuare a spingere i tassi di interesse ad un livello restrittivo sia necessario per far scendere l'inflazione verso l'obiettivo della Banca centrale del 2%: a conclusione della precedente riunione, il Federal Open Market Committee (FOMC) ha infatti alzato, come atteso dai mercati, i tassi di interesse dello 0,75%, portandoli ad un intervallo compreso tra il 2,25% e il 2,5%. Nel corso della conferenza stampa post meeting, il Presidente della Fed Powell ha sottolineato che un orientamento di politica monetaria adeguatamente restrittivo è essenziale per evitare un disancoraggio delle aspettative di inflazione, segnalando però allo stesso tempo che la Banca centrale potrebbe prendere in considerazione una “pausa” sui rialzi dei tassi dopo la riunione di settembre (per la quale si stima un rialzo dello 0,50%, quindi minore dei due precedenti) per valutare l'impatto dell'inasprimento sull'economia ed il percorso dell'inflazione.
Riviste al ribasso dal FMI anche le previsioni per l'Eurozona: al 2,6% quest'anno (0,2 punti percentuali in meno rispetto alle stime di aprile) e all'1,2% nel 2023 (-1,1% dalle stime precedenti). I negativi recenti dati tedeschi usciti nella seconda parte di agosto, sia di sentiment che per quanto riguarda i prezzi alla produzione (saliti molto più delle attese a luglio a causa del caro energia), hanno riportato l’attenzione proprio sul potenziale peggioramento delle prospettive di crescita dell'Eurozona e di conseguenza ad un calo dell’euro rispetto al dollaro. Cruciale, lato moneta unica, sarà il prossimo meeting di settembre della BCE, mentre altri indizi sulla politica monetaria globale sono attesi alla fine di questa settimana, quando inizierà il simposio economico di Jackson Hole (dal 25 al 27 agosto).
La crisi energetica europea e diverse situazioni di instabilità politiche (Francia, UK e Italia), continuano a pesare sull’Europa; proprio il ritorno a fine agosto ai livelli di parità del dollaro nei confronti dell’euro, ai massimi ventennali, ci fanno propendere per mantenere una posizione di neutralità sull’EURUSD.
Anche la Banca d’Inghilterra, ad agosto, ha alzato i tassi (50 punti base) per far fronte ad un’inflazione che è ai massimi degli ultimi 40 anni ed è arrivata alla doppia cifra. Il balzo del costo della vita sta facendo inoltre aumentare le probabilità di una recessione nel Regno Unito. In presenza di driver con effetti tra loro compensatori sulla sterlina (politica monetaria aggressiva vs inflazione alta ed economia in difficoltà) riteniamo probabile che questa assenza di trend possa continuare anche nelle prossime settimane.
Deve fare i conti con l’inflazione anche il Giappone dove a luglio il carovita è salito dello 0,2% rispetto al mese precedente. L’inflazione a luglio ha raggiunto il +2,6% annuo segnando così l’undicesimo mese consecutivo di crescita dell’indice dei prezzi al consumo e toccando il livello più alto dall’aprile del 2014. Anche se gli investitori temono che le pressioni inflazionistiche possano obbligare la Bank of Japan ad un cambio di rotta nella politica monetaria, il governatore Kuroda non sembra intenzionato a fermare i piani della Banca centrale giustificando la sua condotta con una crescita dell’economia giapponese nell’ultimo anno dopo un decennio di stagnazione economica. Da un punto di vista tecnico la tenuta di importanti resistenze su EURJPY ha dato il via ad una nuova fase di debolezza del cross che pensiamo possa proseguire anche nelle prossime settimane.
Per quanto riguarda le materie prime, il contesto per il petrolio rimane sfidante ed è probabile che la volatilità dei prezzi continui anche nelle prossime settimane; per questo motivo manteniamo un approccio neutrale monitorando attentamente i trend di breve periodo. A fronte di un outlook macroeconomico caratterizzato da prospettive economiche incerte e potenzialmente recessive (oltre che fortemente dipendenti da fattori imprevedibili), nel breve termine manteniamo un posizionamento cauto anche nei confronti del rame.
I due principali recenti driver delle dinamiche aurifere, rialzo dei rendimenti USA e rafforzamento del dollaro statunitense, continuano ad influenzare negativamente l’andamento dell’oro, ragion per cui si mantiene un approccio moderatamente negativo.