Inizio d’anno complicato per i mercati finanziari
Inizio d’anno particolarmente complicato per i mercati finanziari, che con l’aumento di oltre 30 punti base nel rendimento dei Treasury americani a 10 anni ha visto un netto calo per l’asset class azionaria, con l’indice MSCI World in passivo di circa il 4% in USD a fine gennaio. Non ha fatto meglio lo S&P500, che ritraccia del 4,30%, mentre il Nasdaq ha lasciato sul terreno l’8,5% zavorrato dai titoli growth/tecnologici più sensibili all’aumento dei tassi di interesse. Debole anche il mercato europeo (Stoxx600 -3,40%) e quello giapponese (Nikkei –6%) quest’ultimo penalizzato dalla forza dello yen, mentre gli Emergenti nel complesso segnano una performance migliore (-1.45% in USD) grazie soprattutto al contributo positivo dei paesi dell’America Latina correlati positivamente ai prezzi delle materie prime.
Per quanto riguarda le banche centrali, la FED ha confermato l’avvio di un ciclo di rialzo dei tassi e la riduzione del programma di acquisti entro marzo, evidenziando che si sta inoltre discutendo sulla futura graduale riduzione del bilancio che avverrà principalmente tramite il mancato rinnovo dei titoli in scadenza.
Nel momento in cui scriviamo il mercato prezza 5 rialzi dei tassi nel 2022, con una piccola probabilità di un primo step di 50bps già a marzo. In Europa la scorsa settimana la BCE ha mantenuto invariata la propria politica monetaria, in linea con le aspettative nonostante l'inflazione a livelli record (5,1% a Gennaio), ma questa evidenza, se confermata, nei prossimi mesi potrebbe mettere sotto pressione il consiglio per ridurre gli stimoli ed agire prima del previsto sui tassi d’interesse. In Inghilterra sempre lo scorso giovedì, la BoE ha invece aumentato il saggio di riferimento a 0,5%, con quasi metà dei membri del Monetary Policy Committee che chiedevano un incremento ancora superiore per contenere la pressioni dei prezzi, attese dalla banca centrale vicine al 7%.
Dal punto di vista macro invece, per quanto riguarda la crescita, l’anno in corso dovrebbe essere caratterizzato da una graduale normalizzazione. Dopo il crollo del 3% nel 2020 e il balzo di quasi 6% nel 2021, la crescita del PIL mondiale nel 2022 dovrebbe moderare a tassi prossimi a 4% con una decelerazione in corso d’anno dovuta al minor impulso delle riaperture e da un sostegno progressivamente minore delle politiche economiche.
Dal punto di visto micro nonostante siano arrivate buone notizie sul fronte degli utili, alcuni nomi importanti come Netflix, Meta e Paypal hanno pesato sul sentiment di mercato. Complessivamente la Earning Season americana sta sorprendendo al rialzo e delle 278 società dell’S&P500 che finora hanno pubblicato i risultati, il 75,5% ha battuto le attese mentre solo il 19.4% ha disatteso le stime. Quello che maggiormente stupisce però, è che diverse Corporate non hanno fornito la guidance sull’intero anno tali da spingere gli analisti ad alzare le stime per il 2022 (attualmente ferme al +7% di EPS per lo S&P500) e riteniamo che questo elemento (almeno nel breve) possa essere un ulteriore catalyst di volatilità per i mercati azionari. In questo contesto, nel breve termine riteniamo quindi che i timori di un`uscita troppo rapida dalle politiche monetarie accomodanti, l’inflazione sostenuta, le difficoltà nella supply chian e le crescenti tensioni sul fronte geopolitico (Russia–Ukraina) giustifichino ancora il nostro atteggiamento orientato alla cautela. Nel medio termine crediamo invece che la situazione resti costruttiva per il comparto azionario e che le quotazioni continueranno ad essere sostenute dall’andamento dell’economia globale, dall’uscita dell’emergenza pandemica, dalla resilienza degli utili aziendali e dalle operazioni di M&A-Buyback messe in atto a livello globale.
In ottica relativa dal punto di vista geografico, manteniamo il nostro posizionamento orientato alla neutralità sugli USA (nonostante le elevate valutazioni)viste le caratteristiche qualitative del listino rispetto ad altri paesi. Portiamo al moderato sovrappeso il mercato Europeo, principalmente per la marcata sottovalutazione rispetto al mercato americano, in una fase dove la stretta monetaria da parte della BCE non risulta immediata e con una previsione di crescita degli utili interessante e rimasta molto prudente rispetto agli USA. Portiamo al moderato sottopeso il mercato Giapponese per le sue caratteristiche di forte ciclicità, mentre sui Mercati Emergenti manteniamo la neutralità, sia per la loro sottovalutazione nei confronti dei paesi sviluppati, sia perché il rialzo dei tassi in molti Paesi (ex Cina) si è già concretizzato nel corso del 2021, rendendo ora più attraente il ritorno sul capitale investito.
Per quanto riguarda il posizionamento settoriale manteniamo il sovrappeso sui Finanziari in vista del cambio di politiche monetarie da parte di Fed e BCE e per la correlazione positiva al rialzo dell’inflazione. Tra i difensivi confermiamo la positività sull’Health Care viste le caratteristiche «Quality» e valutazioni a sconto rispetto all’MSCI World. Manteniamo la positività sulle Utilities Europee e portiamo infine alla positività il settore dei Communication Services in Europa (vista la buona resilienza sul fronte degli utili e dei ricavi anche in fasi negative di mercato) ed il settore dell’Energy globale, sia per motivi fondamentali e di correlazione con l’inflazione, ma anche come hedging di portafoglio a fronte di possibili rischi geopolitici legati al petrolio. In termini di stile, con l’aumento delle pressioni inflazionistiche il fattore Quality dovrebbe essere favorito rispetto al Growth e tenuto conto del’irripidimento della curva dei tassi continuiamo perciò a bilanciare l’esposizione dei portafogli verso aziende con buoni fondamentali e redditività elevata con posizioni più cicliche e caratteristiche “Value”.