Dopo i massimi di rendimento raggiunti nel mese scorso, in luglio si è registrato un progressivo ribasso dei tassi dei governativi, con gli investitori che sembrano sovrappesare i timori recessivi rispetto ai rischi inflattivi.
Dopo i massimi di rendimento raggiunti nel mese scorso, in luglio si è registrato un progressivo ribasso dei tassi dei governativi, con un’accelerazione nelle ultime sedute. Il rendimento del Treasury USA si è riportato in area 2,8% e quello del Bund sotto l’1% in un mercato che nelle ultime settimane sembra sovrappesare i timori recessivi rispetto ai rischi inflattivi. Gli investitori sembrano infatti premiare l’idea che una crescita economica piú debole e un certo allentamento dei prezzi delle materie prime possano portare ad una minore stretta monetaria da parte delle Banche centrali per tenere sotto controllo l'inflazione. In tale contesto si sono registrati buoni flussi in acquisto sui governativi, soprattutto sulla parte a lunga, con conseguente un appiattimento delle curve dei rendimenti soprattutto negli USA; il differenziale 10 vs 2y anni ha consolidato in area -25 bps sui massimi dal 2000, andando a prezzare scenari recessivi nei prossimi trimestri. Il movimento si è accompagnato ad un calo delle aspettative d’inflazione a medio termine, scese poco sopra il 2% sia in USA che in Area Euro. I rischi recessivi in un orizzonte di 6 o 12 mesi sono tuttavia maggiori nell’area dell’euro, particolarmente esposta allo shock energetico innescato dal conflitto russo-ucraino e dall’utilizzo delle materie prime come arma geo-strategica.
La BCE nella riunione di settimana scorsa a sorpresa ha alzato il costo del denaro di 50 punti base, ed ha approvato il nuovo meccanismo TPI (Trasmission protection instrument), privo di limiti quantitativi definiti ex-ante, per supportare il debito di quei Paesi che potrebbero andare sotto pressione a causa di “ingiustificate e disordinate dinamiche di mercato”. Sarà il Consiglio direttivo a stabilire se un Paese abbia o meno il diritto di beneficiare dello “scudo”, sulla base di una serie di condizioni: il rispetto delle regole EU su deficit e debito, politiche macroeconomiche virtuose ed una situazione debitoria sostenibile sulla base di valutazioni anche di ESM ed FMI.
Il riacutizzarsi della crisi politica italiana con la prematura fine del Governo Draghi e le prossime elezioni fissate al 25 settembre ha pesato sui BTP, con flussi in vendita su tutte le scadenze. Riteniamo che la carta italiana rimarrà nel breve volatile e particolarmente vulnerabile ai rischi politici e ai bassi volumi della stagione estiva, in uno scenario macro di elevata incertezza appesantito dalla crisi energetica.
Dall’altra parte dell’oceano la riunione del FOMC si è conclusa con un rialzo di 75 pb, votato all’unanimità, l’indicazione di ulteriori rialzi (anche più moderati) e la sospensione della fase di forward guidance relativamente dettagliata in atto da maggio.
Nell’attuale contesto sul rischio tasso passiamo ad un’impostazione neutrale, con una preferenza in termini relativi/tattici per la curva americana rispetto a quella europea, complice la fase più avanzata della politica monetaria della FED rispetto alla BCE.
Il focus degli investitori sembra spostarsi sui rischi recessivi, anche se permane incertezza sull’effettiva restrizione nel 2022-2023, in un contesto di dinamiche inflattive che rimangono ancora sui picchi degli ultimi decenni. Nel mercato del credito gli spread, dopo aver allargato nella prima parte del mese incorporando un rallentamento ciclico, hanno consolidato in ribasso nelle ultime settimane, complice il sentiment di risk on prevalso sui mercati azionari. I principali indici di credito si apprestano a chiudere il mese in significativo recupero complice il contributo positivo della discesa dei tassi dei governativi e del marginale ritracciamento dei premi al rischio.
Sul credito manteniamo un approccio cauto in un contesto macroeconomico ancora incerto, soprattutto in Europa complice le incertezze sul fronte geopolitico e i rischi legati ad uno shock energetico, con una preferenza in termini relativi e in ottica di carry per la componente High Yield americano. Manteniamo un giudizio neutrale/negativo relativamente all’asset class del debito emergente nel suo complesso; la combinazione tra continuo e crescente inasprimento delle condizioni finanziarie e nuovi rischi di recessione per i Paesi sviluppati non diminuisce la potenziale pressione sull’asset class.