BANCHE CENTRALI: UNA BUSSOLA PER IL 2023
Prosegue il recupero delle principali classi di attivo sulla scia di rendimenti governativi in calo e aspettative di rialzi meno rapidi dei tassi ufficiali.
L'inflazione americana sembra aver dispiegato il suo massimo potenziale nel settore dei beni e nell'immobiliare, mentre nel mercato del lavoro sono ancora in crescita occupazione e salari. In Eurozona decisione sui tassi più complessa poiché si frappongono timori recessivi a timori sulla trasmissione al consumo del rialzo dei costi energetici. Attesa quindi per la prossima settimana, quando FED e BCE pubblicheranno le previsioni macroeconomiche aggiornate e comunicheranno le decisioni di politica monetaria: in entrambi casi si attende un rialzo di 50 punti base. Infine, la BCE dovrà anche comunicare le proprie intenzioni in merito al piano di riduzione del bilancio (QT) tramite la vendita netta di titoli.
- Prosegue il recupero di azionario e obbligazionario con performance ampiamente positive da inizio quarto trimestre e sovra-performance in area euro. Spiccano i titoli industriali e finanziari e negli USA anche i tecnologici. Continua invece la correzione del dollaro.
- In uscita il 13 dicembre il dato di inflazione americano relativo al mese di novembre, che potrebbe supportare il rallentamento del ciclo dei rialzi ampiamente scontato dal mercato con l'uscita del precedente dato di inflazione.
- In Area Euro la recessione è ormai segnalata anche dall'inversione della curva dei rendimenti governativi tedeschi. Tuttavia, l'impatto dei costi energetici sull'inflazione non permette al momento dei rallentamenti del ciclo di rialzi.
- Attesa anche per i PMI flash di USA e Area Euro, dove si cercano segnali che la significativa restrizione finanziaria già realizzata stia iniziando a produrre i propri effetti sull'economia reale.
Nelle ultime due settimane è proseguito il recupero dei mercati azionari, che ha portato in territorio ampiamente positivo le performance nel trimestre in corso. Da inizio ottobre a oggi l’azionario globale ha recuperato oltre 13%, con una sovra-performance degli indici europei e italiani rispetto alle altre aree geografiche. Il recupero ha interessato tutti i settori ma in particolare industriali e finanziari, e in America anche la tecnologia.
Sono positive anche le performance dell’obbligazionario. Gli spread di credito si sono ristretti in tutti i comparti, sia in area euro che negli USA. I rendimenti governativi sono scesi ancora a tutte le scadenze, fino a 3.60% per il Treasury decennale e a 1.90% per il Bund, con un calo negli USA di circa 60 punti base dai massimi di ottobre. Si è invece interrotta la corsa del dollaro, che nei confronti dell’euro ha perso oltre 7% nel trimestre in corso.
Il fattore principale che sostiene i mercati è l’aspettativa di rialzi meno rapidi dei tassi ufficiali americani, avvalorata dallo stesso Presidente della Fed. Secondo Powell, il livello attuale del Fed Funds, pari a 4%, non è ancora sufficientemente restrittivo da ripristinare la stabilità dei prezzi nel medio termine. A partire da questo mese tuttavia, i rialzi successivi dovrebbero essere più contenuti, ossia di 50 pb o di 25p.b. per diversi motivi.
In primo luogo, occorre valutare l’impatto della fortissima restrizione già realizzata sull’economia USA. In secondo luogo, è plausibile che l’inflazione americana abbia raggiunto un picco. Secondo Powell dovrebbero infatti allentarsi le tensioni sui prezzi dei beni non energetici, e sui costi dell’abitazione, grazie al calo dell’immobiliare. Resta invece elevato il costo del lavoro, come confermato dai dati di novembre, che hanno indicato un aumento ancora robusto degli occupati ed una crescita salariale ancora prossima a 5%.
Occhi puntati ora riunione della Federal Reserve che si concluderà mercoledì 14 dicembre. Il Comitato Monetario dovrebbe alzare di mezzo punto il tasso sui Fed Funds al 4.50%, e indicare un Fed Funds terminale pari almeno a 5% entro i primi mesi del 2023. Diversamente dal passato tuttavia, non dovrebbero seguire tagli dei tassi in tempi rapidi nonostante il previsto rallentamento dell’economia USA, perché la banca centrale dovrà essere certa che l’inflazione abbia invertito il suo corso. Le previsioni macro aggiornate al 2024 dovrebbero inoltre confermare il soft landing dell’economia USA, che secondo la Fed dovrebbe evitare ricadute recessive.
Appaiono invece più controverse le decisioni della BCE che si riunirà giovedì 15 dicembre. L'ipotesi più probabile è quella di un rialzo del tasso sui depositi di mezzo punto percentuale al 2%, anche se non si può escludere un intervento più deciso.
Le posizioni interne al Consiglio Direttivo appaiono infatti molto divise sulla strategia monetaria. Da un lato, la fase recessiva in corso, ormai segnalata anche dall’inversione della curva dei rendimenti tedesca, suggerirebbe gradualità nella restrizione. Dall’altro tuttavia, l’inflazione europea potrebbe salire ancora, dato il rischio elevato di ulteriore trasmissione al consumo degli elevati costi energetici e produttivi. E sempre sul fronte restrittivo, la BCE potrebbe annunciare l’avvio di un piano di Quantitative Tightening.
Bilancio BCE ossia graduale riduzione del proprio bilancio, tramite sempre minori reinvestimenti di titoli. Sarebbero tuttavia esclusi quelli acquistati con il Pandemic Programme che possono essere reinvestiti in modo flessibile, e che rappresentano una prima linea d’intervento in caso di tensioni sul debito governativo periferico.
Concludiamo con il calendario dei dati – oltre alle decisioni delle banche centrali segnaliamo il 13 dicembre l’inflazione al consumo USA relativa al mese di novembre, che dovrebbe indicare un ulteriore calo dai picchi, e il 16 dicembre, sia in area euro che negli USA, le prime indicazioni Flash dagli indici PMI per manifatturiero e servizi, che dovrebbero confermare il rallentamento ciclico in atto.